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28/06/2014

La Grande Guerra, Sarajevo, l’attentato e gli opportunismi


Oggi, 100 anni fa, un suddito giovane ed arrabbiato decide di liberare se stesso e i popoli sottomessi dal dominio asburgico sparando al principe ereditario Ferdinando e alla moglie Sofja sul ponte che attraversa la Miljacka. Un mese dopo con quella scusa papà Cecco Beppe inizia la guerra mondiale.

C’è un collega giornalista, scrittore e amico di Sarajevo, Zlatko Dizdarevic, che non ama ciò che sta accadendo e lo dice chiaro a tondo. Centenario dell’inizio del carnaio Grande Guerra. Zlotko non fa sconti: ‘Servirà all’Europa per lavarsi la coscienza’. Lo dice all’Osservatorio dei Balcani e lo ripete su Repubblica. E molti miei amici con cui ho condiviso quei maledetti quattro anni di piccola ma feroce guerra dell’assedio di Sarajevo, ho verificato, la pensano come Dizdarevic. ‘Se c’è un luogo dove i principi europei sono stati e vengono sistematicamente abbandonati, questo è Sarajevo’.

Gavrilo Princip, l’attentatore
Una osservazione immediata e incontestabile. Il rimestare nella storia centenaria quando non è stata ancora metabolizzata quella recente diventa occasione di nuovi contrasti. Battaglia su Gavrilo Princip. Per una metà dei bosniaci un terrorista serbo, per l’altra metà è un eroe. E di questo ripasso di storia Sarajevo non aveva certo bisogno. La Bosnia Erzegovina ancora segnata dalle distruzioni di 20 anni fa, è un Paese che non funziona, ‘Che non esiste’ azzarda Zlatko. Che spara una seconda bordata: “Tutti a citare i nuovi princìpi europei, qui dove sono stati calpestati più che altrove”.

L’inganno storico assorbito nella formalità di qualche cerimonia per l’occasione scatenante, la scusa ad una guerra che è bugia mutata in Storia. Buffoni inopportuni. Proprio per Sarajevo il nazionalismo, la storia degli ultimi 20 anni, sono tutti i problemi irrisolti. Zlatko, oltre che abile narratore è acuto politico, ironizza come su Princip e sull’attentato ‘Nelle nostre scuole elementari abbiamo manuali di storia che presentano tre versioni diverse dello stesso episodio, come possiamo discutere di queste cose? Perché le celebrazioni non le hanno fatte a Parigi, a Londra, a New York?’.

Il ponte dell’attentato forse l’ho attraversato una sola volta nelle migliaia di giorni che ho vissuto in quella città. Durante quei maledetti 4 anni era linea del fronte, sotto tiro dei cecchino dal cimitero ebraico e dei mortai dal Trebevic. No l’ho amato allora e come Zlatko Dizdarevic non mi sento coinvolto oggi in questo eccesso di tromboni musica e parole. Per un ricordo più corretto delle mie prevenzioni da guerra, ho chiesto aiuto a un amico di Fecebook, Giovanni Punzo che quel ponte ha frequentato da ufficiale nel contingente di pace italiano. E’ un attento studioso della Grande Guerra.

L’arciduca Ferdinando d’Asburgo e la principessa Sofja
«Per mesi, quasi tutte le mattine a Sarajevo, sono passato nel punto in cui il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip sparò all’arciduca Francesco Ferdinando. Pochi luoghi in Europa hanno subito tanti cambiamenti di significato come quelle centinaia di metri quadrati. Dopo l’attentato fu eretta una colonna per ricordare l’arciduca, ma dopo il 1918 fu rimossa per una lapide a Princip. Nel 1941, dopo l’occupazione, le truppe di Hitler la asportarono e gli ustascia di Ante Pavelic ne collocarono un’altra di opposto significato. Nel 1945 fu poi sostituita da una inneggiante alla libertà dei popoli».

«Durante l’assedio correva la prima linea: difficile dire se la lapide sia stata distrutta o rimossa. In sostituzione ce n’è un’altra: nella speranza - condivisibile - che sia l’ultima della lunga serie. Non si tratta però solo di lapidi: è tutto il XX secolo, il «secolo breve», dallo scoppio della Grande Guerra alla ‘caduta del muro’. Solo tre quarti di secolo, ma i peggiori vissuti dall’Europa, violenti e distruttivi e di cui Sarajevo è prova materiale dall’inizio alla fine. Sofri scrisse che era stato come se un serpente si fosse morso la coda e un secolo fosse iniziato e concluso nello stesso luogo».

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