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24/02/2014

Siria - Morto leader vicino ad Al Qaeda



Un importante comandante ribelle siriano, vicino al capo di al-Qa’eda Ayman al-Zawahiri, è stato ucciso ieri in un attacco suicida ad Aleppo. L’Osservatorio per i diritti umani in Siria, Ong vicina all’Opposizione al regime di Damasco, ha confermato la morte di Abu Khalid al-Suri, comandante del gruppo salafita Ahrar al-Sham, e di altri sei combattenti della sua brigata. Secondo la testimonianza di due ribelli raggiunti dalla Reuters, cinque membri dello “Stato islamico dell'Iraq e del Levante” (Isil), gruppo jihadista che recentemente ha ribadito la sua indipendenza da al-Qa’eda, sono entrati nel quartiere generale degli Ahrar al-Sham ad Aleppo. Uno dei jihadisti dell’Isil si sarebbe fatto esplodere causando la morte di Abu Khalid al-Suri e di altri sei combattenti degli Ahrar al-Sham.

“Shaykh Abu Khaled è una importante figura jihadista, ha lottato contro gli americani in Iraq e in Afghanistan. [Isil, ndr] ha fatto un bel regalo agli americani, un dono gratuito, uccidendolo” ha aggiunto uno dei ribelli intervistato dalla Reuters. La morte di Abu Khaled potrebbe inasprire la dura battaglia interna tra le fazioni ribelle “moderate” e i gruppi qa’edisti e jihadisti che da inizio gennaio ha causato la morte di migliaia combattenti anti-Assad.

Abu Khaled al-Suri era una figura importante nell’ambito del jihadismo internazionale. Nato ad Aleppo nel 1963, si era distinto militarmente in Afghanistan e Iraq. Secondo fonti ribelli l’attuale leader di al-Qa’eda, Ayman al-Zawahiri, aveva deciso di mandarlo in Siria pochi mesi fa affinché potesse mettere fine alla guerra tra i ribelli che combattono il Presidente Bashar al-Asad. “Shaykh Abu Khaled era molto influente tra i jihadisti, soprattutto tra i combattenti dell’ISIL. Era l’unico che poteva far cambiare loro idea e avrebbe potuto fermare gli scontri tra le fazioni”, ha aggiunto un’altra fonte vicina ai ribelli. Abu Khaled era molto critico dell’operato dell’Isil, principale responsabile secondo lui della guerra interna che da gennaio lacera l’opposizione siriana.

Intanto dal punto di vista diplomatico Damasco ha detto ieri di essere pronta a cooperare affinché venga ottemperata una Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu votata sabato che permetta l’ingresso di convogli umanitari nelle aree più disastrate del paese. Accesso consentito dal Regime “a condizione che venga rispettata la sovranità dello stato”.

Domenica il Ministro degli Esteri siriano, Walid Mu’allem, ha ribadito che le cause della crisi umanitaria devono essere rintracciate nel “terrorismo sostenuto da forze straniere” e dalle sanzioni imposte al regime di Assad dai paesi arabi e occidentali.

La Risoluzione 2139 votata due giorni fa è la seconda decisione passata dal Consiglio di Sicurezza da quando la guerra ha avuto inizio. Il primo accordo raggiunto era stato l’ordine di distruzione dell’arsenale chimico siriano dopo che il 21 agosto 2013, il regime era stato accusato dai ribelli e dalla comunità internazionale di aver ucciso centinaia di persone in un attacco chimico a Ghouta, alle porte di Damasco.

Ma gli aiuti umanitari servono ben poco se il flusso di armi non si arresta. Una fonte saudita ha detto ieri che Riyad sta dialogando con Islamabad per fornire ai ribelli siriani missili anti aerei e anti carro cercando così di rovesciare il sostanziale pareggio militare tra Assad e i ribelli. Secondo la fonte saudita il Capo di Stato maggiore pakistano, il Generale Raheel Sharif, avrebbe incontrato a Riyad il Principe ereditario Salman Abdul Aziz all’inizio di febbraio per discutere le modalità di implementazione di questo piano. Anche la Giordania dovrebbe svolgere un ruolo importante: dovrebbe infatti immagazzinare le armi prima che vengano consegnate ai ribelli. La notizia riportata dall’agenzia AFP non è stata confermata dalle autorità saudite, pachistane e giordane.

Il bagno di sangue intanto continua. Ieri un’autobomba ha colpito un ospedale al confine tra Siria e Turchia uccidendo due persone. Gli attivisti però parlano di 14 vittime. Ma i combattimenti e bombardamenti proseguono ovunque. Presso l’aeroporto militare di Dayr az-Zor 11 persone sono morte, mentre duri scontri si segnalano anche all’interno della città tra i qa’edisti del Fronte al-Nusra e le truppe di Assad. Combattimenti che non conoscono sosta neanche ad Aleppo dove l’Osservatorio dei Diritti umani riporta di bombardamenti degli aerei del regime e di scontri duri in città tra i gruppi ribelli e le truppe lealiste. Sempre secondo l’Osservatorio due bambini sono morti a Da’ra a sud del Paese in un bombardamento del regime. Ma raid aerei si registrano anche ad Al-Ghuta al-Sharqiyya (Damasco), Homs e al-Rastan. Al momento non si hanno informazioni precise se ci sono vittime o feriti.

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