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26/02/2014

Algeria - L’eterno Bouteflika cerca il quarto mandato

Abdelaziz Bouteflika nel 2011
Il voto è una minaccia alla stabilità del Paese, “non ci sono le condizioni per una consultazione libera e  trasparente”, secondo i tre partiti di opposizione - i liberali del Movimento per la democrazia e la cultura, gli islamici di Ennahda e il Movimento della società per la pace- che hanno esortato gli algerini a non recarsi alle urne il prossimo 17 aprile. Un appello congiunto che è una novità nel panorama politico algerino, dominato dal Fronte di liberazione nazionale sin dall’indipendenza dalla Francia nel 1962, con le opposizioni relegate a un ruolo piuttosto debole.

Il risultato delle presidenziali è dato per scontato: vincerà Abdelaziz Bouteflika, il 77enne presidente dell’Algeria dal 1999. Sabato scorso è stata annunciata la sua candidatura per il quarto mandato, nonostante i suoi noti problemi di salute che lo hanno tenuto lontano dalle telecamere e dal Paese nell’ultimo anno, da quando, lo scorso aprile, ha subito un infarto ed è stato a lungo in Francia per curarsi. Ma è già da tre anni che le sue apparizioni pubbliche sono rarissime, tanto che persino la sua candidatura alla guida del Paese è stata annunciata dal primo ministro Abdelmalek Sellal. “Il presidente Bouteflika gode di buona salute”, ha detto, “ha le capacità intellettuali e la visione necessarie ad assumersi questa responsabilità”. Dichiarazioni che contrastano con e le descrizioni trapelate sulle sue condizioni: un uomo anziano e provato dalla malattia, che parla e cammina a fatica, che ha perso l’uso di un braccio, che soffre di vuoti di memoria e che non si allontana dal palazzo presidenziale di Sidi-Ferruch, 30 chilometri a ovest della capitale Algeri. La sua ultima apparizione pubblica risale a maggio del 2012.

L’annuncio della sua candidatura ha scatenato l’indignazione delle opposizioni che parlano di elezioni che potrebbero rappresentare un “danno alla stabilità e alle generazioni future” e hanno scelto la strada dell’astensionismo, come unica via per esprimere il proprio dissenso. Bouteflika è l’uomo sostenuto dalle Forze armate, dall’apparato amministrativo che ha costruito nei suoi 15 anni al potere, e dal partito di governo (il Fronte di liberazione nazionale). La stampa algerina parla di una candidatura “per procura”, decisa dal primo ministro Abdelmalek Sellal e dal fratello minore del presidente e suo consigliere Said Bouteflika, “forse a sua stessa insaputa”, ha insinuato il quotidiano in lingua araba El Khabar. Ma è anche l’uomo alleato di Washington, veterano della guerra d’indipendenza, simbolo della continuità in un momento delicato nella regione, con la vicina Libia in subbuglio e l’Egitto che attraversa una complessa e poco pacifica fase di transizione.

La storia di Bouteflika si intreccia a quella tormentata di un Paese ricco di risorse energetiche (è il maggiore fornitore per l’Europa), ma con perduranti sacche di estrema povertà tra la popolazione, che dall’indipendenza è stato dominato dai militari e che è costantemente sotto la minaccia di gruppi islamisti estremisti legati ad Al Qaeda nel Maghreb. Un anno fa, nell’impianto di gas di Amenas i qaedisti hanno sequestrato centinaia di lavoratori algerini e stranieri in rappresaglia per l’intervento francese nel Mali: 38 ostaggi e 29 miliziani sono rimasti uccisi.

Il presidente guidò l’Algeria fuori dal suo “decennio nero”, tra il 1992 e il 2002, quando la guerra tra Fis (Fronte islamico della salvezza), Gia (Gruppo islamico armato) ed esercito provocò quasi 200.000 morti. Lo fece, però, ricorrendo in maniera spropositata all’impiego delle Forze armate. Secondo alcuni analisti, sullo sfondo di questa quarta candidatura, resa possibile da una modifica costituzionale del 2008 (non c’è limite ai mandati presidenziali), si staglia la perenne lotta di potere tra il Fronte di liberazione nazionale e la potente intelligence militare. Lo scontro tra il capo di Stato maggiore e viceministro della Difesa, il generale Gaid Salah (74), sostenitore della candidatura di Bouteflika, e il comandante dell’intelligence militare (DRS),  il generale Tewfik Médiène (73), che invece si oppone.

Due vecchie guardie del regime algerino, mentre l’opposizione chiede un ricambio generazionale che al momento pare un traguardo lontano.

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