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28/01/2014

Ucraina nel caos

di Mario Lombardo

La situazione di caos in Ucraina sembra essersi indirizzata in questo inizio di settimana verso uno scontro frontale tra il governo e le forze di sicurezza da una parte e i manifestanti e i leader dell’opposizione politica dall’altra. Dopo l’occupazione della sede del ministero della Giustizia a Kiev nella tarda serata di domenica, la titolare del dicastero, Olena Lukash, nella giornata di lunedì ha infatti minacciato lo stato di emergenza e il conseguente possibile intervento dell’esercito per riportare l’ordine. In seguito a questa minaccia, gli occupanti hanno alla fine lasciato l’edificio, pur rimanendo accampati all’esterno.

L’occupazione del ministero aveva chiuso domenica una giornata caratterizzata da una relativa calma, in seguito alla tregua stabilita per consentire i funerali dei manifestanti deceduti nei giorni scorsi durante le proteste. Protagonista dell’azione era stato il gruppo di attivisti dell’opposizione Spilna Sprava che, secondo quanto riferito dallo stesso ministro all’agenzia di stampa Ukrinform, aveva fatto irruzione nel palazzo della capitale proprio mentre era in corso un incontro del gruppo di lavoro incaricato di risolvere la crisi nel paese.

Quest’ultimo stava discutendo due delle concessioni proposte dal presidente, Viktor Yanukovich, ai manifestanti e all’opposizione: amnistia e modifiche alla Costituzione per tornare alla carta del 2004 che assegnava maggiori poteri al Parlamento rispetto al Presidente.

Come ampiamente riportato dai media di tutto il mondo nei giorni scorsi, l’altra principale proposta di Yanukovich era la nomina di due leader dell’opposizione ad importanti incarichi di governo. Al numero uno del partito “Patria”, Arseniy Yatsenyuk, era stata offerta la carica di primo ministro e all’ex campione di pugilato nonché leader del partito Alleanza Democratica Ucraina per la Riforma (UDAR), Vitaly Klitschko, quella di vice-premier con delega per le “questioni umanitarie”.
Entrambi hanno però respinto l’offerta, rilanciando la protesta e facendo sapere che non verrà accettato niente di meno delle dimissioni di Yanukovich e nuove elezioni, così da installare un nuovo governo interamente formato dall’attuale opposizione filo-occidentale, pronta a riaprire il dialogo con l’Unione Europea e all’implementazione di devastanti politiche di “ristrutturazione” dell’economia ucraina dettate da Bruxelles e dal Fondo Monetario Internazionale. I manifestanti chiedono poi il ritiro della recente legge speciale che ha di fatto messo fuori legge ogni manifestazione di piazza senza il permesso delle autorità e che ha contribuito a rinvigorire le proteste dopo settimane di relativa quiete.

Il rifiuto della proposta del presidente ha così acceso ulteriormente gli animi nel paese, approfondendo inoltre le divisioni tra le regioni occidentali, dove la protesta contro il governo sta facendo registrare una pericolosa escalation, e quelle orientali, dove Yanukovich e il suo partito conservano la propria base di potere e di consenso.

Il ministro della Giustizia, in ogni caso, lunedì ha chiesto agli occupanti di sgomberare immediatamente l’edificio del suo dicastero, in caso contrario ha minacciato di chiedere al Consiglio per la Sicurezza Nazionale e la Difesa di dichiarare lo stato di emergenza. Allo stesso modo, la Lukash ha affermato di volere chiedere al presidente di interrompere le trattative in corso con i leader dell’opposizione.

Il Parlamento ucraino, intanto, nella giornata di martedì ha aperto una sessione straordinaria, anche se il presidente dell’assemblea ha escluso che la discussione possa trattare la possibile dichiarazione di stato di emergenza nel paese.

L’occupazione del ministero della Giustizia è stata comunque solo l’ultima di una serie di iniziative simili che dalla capitale ucraina si sono diffuse in molte località del paese in questi giorni. In almeno una decina di città, edifici pubblici e sedi di assemblee locali sono state occupate, soprattutto in Ucraina occidentale. Tra le località maggiormente interessate dalle proteste ci sono Dnipropetrovsk, Lviv (Leopoli), Zaporizhya e Cerkasy. Qui, come a Kiev, si sono contati decine di arresti, mentre numerosi risultano i feriti, spesso tra le forze di polizia.

I disordini stanno mettendo in evidenza il ruolo sempre più importante ricoperto nelle proteste da formazioni paramilitari e raggruppamenti ultra-nazionalisti e, talvolta, esplicitamente neo-fascisti. Ai militanti del partito di estrema destra Svoboda (“Libertà”) - il cui leader, l’anti-semita Oleg Tyahnybok, è in prima linea nelle manifestazioni anti-Yanukovich appoggiate dall’Occidente - si sono aggiunti infatti gruppi violenti, protagonisti di attacchi e lanci di bottiglie incendiarie contro la polizia.

A determinare il precipitare degli eventi fino all’orlo di una vera e propria guerra civile in Ucraina - nel caos fin dal novembre scorso, quando il presidente ha interrotto i negoziati per aderire ad un progetto di partnership commerciale con l’UE riorientando il proprio paese verso la Russia - sono stati proprio i governi occidentali con ripetuti interventi diretti di loro esponenti a favore dell’opposizione.

Ancora domenica, infatti, alcuni diplomatici occidentali, tra cui ambasciatori di paesi europei, degli USA e del Canada, hanno visitato Piazza dell’Indipendenza a Kiev, vale a dire il centro nevralgico delle proteste, e, secondo alcuni resoconti, avrebbero parlato anche con i rappresentanti del gruppo radicale “Settore Destro”.

L’emergere di queste formazioni estremiste e l’inasprirsi dello scontro indicano il controllo sempre più tenue esercitato sulla piazza dai leader dell’opposizione politica, i quali oltretutto cominciano ad apparire divisi al loro interno e sempre più a corto di idee per risolvere pacificamente la crisi in atto.

Il governo, da parte sua, riflettendo il desiderio degli oligarchi ucraini che controllano il potere di mantenere fruttuose relazioni commerciali con tutti i partner possibili, è tornato a rilanciare l’ipotesi di avvicinamento a Bruxelles.

In un’intervista rilasciata lunedì al giornale Segodnya, il primo ministro Mykola Azarov ha proposto un dialogo tripartito tra Kiev, l’Unione Europea e la Russia per “decidere la sorte dell’Accordo di Associazione con l’UE che l’Ucraina aveva avviato”. Il premier ha poi ricordato che l’integrazione dell’Ucraina in associazioni internazionali “dipende dalle condizioni e dai benefit” che verranno offerti.

La posizione ufficiale dei governi occidentali sull’Ucraina continua però a prevedere l’impossibilità di aderire contemporaneamente alla partnership con Bruxelles e all’area di libero scambio proposta da Mosca. Per gli Stati Uniti e i loro alleati, infatti, la disputa sull’Ucraina è legata a questioni strategiche che hanno precisamente a che fare con il tentativo di indebolire l’influenza russa sugli ex satelliti sovietici.

Da qui la linea dura mantenuta in queste settimane e l’appoggio all’opposizione con il rischio di alimentare scontri e il proliferare di organizzazioni di estrema destra. Gli USA, ad esempio, dopo la morte di almeno quattro manifestanti durante le proteste della settimana scorsa, hanno già adottato una serie di sanzioni nei confronti di alcuni esponenti del governo di Kiev e dei vertici delle forze di sicurezza.

Gli organi di stampa occidentali, a loro volta, soffiano sul fuoco della rivolta, ricordando l’importanza strategica di un paese che, tra l’altro, rappresenta un crocevia importante per le forniture energetiche dirette verso ovest.

In questo senso, tra i più espliciti a rivelare le mire di Washington e Bruxelles è stato il Wall Street Journal, dove nel fine settimana è apparso un articolo nel quale viene chiesto uno “sforzo per strappare l’Ucraina dall’orbita di Mosca” e, contemporaneamente, si invita l’Europa ad evitare “divisioni e indecisioni” che avevano caratterizzato la crisi dei Balcani negli anni Novanta.

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