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30/01/2014

La Turchia attacca qaedisti in Siria

Ieri l'esercito turco ha bombardato un convoglio di jihadisti in territorio siriano. Tre i veicoli colpiti: "Un pick-up, un camion e un autobus dell'ISIL sono stati distrutti", hanno annunciato le autorità di Ankara.

Gli scontri sarebbero cominciati quando miliziani dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante, gruppo qaedista sempre più radicato nel Nord della Siria, hanno aperto il fuoco al confine di Cobanbey, colpendo due veicoli militari turchi. L'esercito di Ankara ha attaccato i miliziani, dopo il lancio di un missile verso il territorio turco, partito durante scontri tra l'Esercito Libero Siriano e l'ISIL. Inizialmente si parlava di un'azione portata avanti con gli F-16 dell'aviazione turca, ma l'esercito ha negato affermando di aver attaccato le postazioni qaediste con l'artiglieria e le forze di terra.

Da tempo si parla di gruppi qaedisti e jihadisti presenti in Turchia, fatto ripetuto ieri anche dal capo dell'intelligence israeliana, Aviv Kochavi, secondo il quale Al Qaeda ha creato vere e proprie basi militari nel Paese. Il premier turco Erdogan ha sempre accusato il regime di Damasco di infiltrare miliziani islamisti in Turchia, per indebolire Ankara, vecchio alleato di Bashar al-Assad e ora acerrimo nemico. Al contrario, sono molte le fonti e le notizie che raccontano un'altra versione dei fatti: Ankara, con il sostegno dei Paesi del Golfo, fa da tramite per il passaggio di armi e guerriglieri islamisti dentro il territorio siriano.

Tra le conseguenze degli scontri al confine turco-siriano, c'è la fuga di massa della comunità turkmena che in questi giorni sta scappando dal Nord della Siria tentando di entrare in Turchia, a causa dei duri scontri in corso tra ELS e ISIL nella città di Al-Bab ad Aleppo. Sarebbero già 3.500 i turkmeni in fuga, a cui Ankara ha permesso l'ingresso in Turchia attraverso il checkpoint di Elbeyli, nella provincia di Kilis.

I primi rifugiati sono stati condotti nella città di Kilis, dove si trovano altri profughi siriani, per poi essere trasferiti in altri campi nelle province di Gaziantep e Sanliurfa. Tra le persone accolte in Turchia ci sarebbero anche combattenti dell'Esercito Libero Siriano feriti in battaglia e ricoverati nell'ospedale statale di Kilis.

Sul fronte siriano, giunge oggi il rapporto di Human Rights Watch, secondo il quale tra il 2012 e il 2013 l'esercito di Damasco ha raso al suolo migliaia di abitazioni a Damasco e Hana. A riprova di tale campagna di demolizione, HRW ha raccolto testimonianze, immagini satellitari e fotografie che mostrerebbero la distruzione con esplosivi e bulldozer di migliaia di edifici civili, senza alcuna ragione militare, ma come forma punitiva per le comunità siriane.

"Cancellare dalla mappa un intero quartiere non è una tattica di guerra legittima - ha commentato Ole Solvang, ricercatore di Human Rights Watch - Queste demolizioni illegali sono l'ultimo di una lunga serie di crimini commessi dal governo siriano".

Fonte

Piace vedere che, a fronte di una situazione ormai al collasso, sfuggita di mano anche a quelli che tutt'ora soffiano sul fuoco della destabilizzazione, Human Rights Watch si preoccupi sempre e solo delle merdate del governo centrale.
Avanti così in attesa che, magari tra un decennio, riparta l'ennesima guerra internazionale a un terrore che stiamo costruendo, come occidente, in questi giorni.

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