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14/11/2013

Siria. L'opposizione nomina il suo governo

La decisione della Coalizione nazionale siriana di nominare un governo provvisorio che amministri le zone sotto il controllo dei suoi combattenti, ha scatenato nervosismo a Washington. Ma quello a cui puntano i ribelli è il sostegno economico per contrastare l'avanzata della forze fedeli al presidente Bashar al Assad.

L'amministrazione statunitense era riuscita lunedì scorso, dopo lunghe trattative, a ottenere l'adesione a Ginevra 2 del principale gruppo di opposizione ad Assad, ma la nomina di un esecutivo dei ribelli potrebbe minare un negoziato rinviato a dicembre e sinora infruttuoso. L'obiettivo degli Stati Uniti e dei suoi alleati occidentali è proprio che dalla trattativa esca un governo provvisorio e la decisione dell'opposizione mette a repentaglio la realizzazione di questo scenario. D'altronde a Ginevra 2 si arriverà con la Coalizione nazionale siriana che ha dichiarato che accetterà il negoziato a condizione che Assad si faccia da parte, mentre il presidente settimane fa aveva confermato la sua volontà di candidarsi alla prossima tornata elettorale.

In Siria, intanto, i combattimenti non si sono mai fermati: dall'inizio della crisi, 32 mesi fa, sono morte circa 120.000 persone, in cinque milioni sono sfollate all'interno del Paese e oltre due milioni sono fuggite in Stati limitrofi, soprattutto in Libano.

La Coalizione ritiene che Ginevra 2 non porterà la pace nel Paese in tempi brevi, ha spiegato un esponente dell'opposizione coinvolto nella nomina del governo provvisorio al quotidiano turco Hurriyet: "Gli Stati Uniti sono contrari perché temono che mini il negoziato di Ginevra, ma noi non possiamo continuare a lasciare le zone liberate in preda al caos". Il governo provvisorio, però, non avrà sede in Siria ma in Turchia, nella cittadina di frontiera di Gaziantep. Ha dunque il sostegno di Ankara che da subito si è schierata con i ribelli ed è rimasta delusa dal mancato attacco guidato dagli Usa contro Assad, lo scorso settembre, come d'altronde l'Arabia Saudita.

Tra i nove esponenti del governo c'è l'ex ministro dell'Agricoltura di Assad, il dissidente Asaad Mustafa, sostenuto dai sauditi e nominato alla guida della Difesa. Al dicastero delle Finanze è stato assegnato l'economista Ibrahim Mero. L'unica donna è Taghreed al-Hajlee, al ministero della Famiglia con delega per le Donne. Non si è invece trovato un accordo sui nomi per l'Interno, l'Istruzione e la Sanità. Un esecutivo che non potrebbe operare in Siria, perché rischierebbe non soltanto di finire sotto attacco delle forze fedeli ad Assad, ma anche dei miliziani qaedisti che ormai fanno parte della variegata galassia dell'opposizione, spaccata in diverse anime di cui la Coalizione nazionale siriana rappresenta soltanto una parte, quella sostenuta dall'Occidente e ammessa al negoziato.

Lo scorso settembre, la Coalizione aveva nominato Ahmed Tumeh, un islamico moderato, primo ministro a interim, contro il parere del segretario di Stato Usa John Kerry. L'esecutivo appena costituitosi non otterrà facilmente il riconoscimento internazionale, ma potrebbe raccogliere i fondi necessari a proseguire la battaglia per cacciare Assad. L'Arabia Saudita ha già aperto il portafogli: Riad si è impegnata per 300 milioni di euro, ha riferito Aiad Koudsi, vice premier del governo, alla Reuters, e anche la Germania avrebbe pensato a una donazione di 60 milioni di euro. Secondo Koudsi, gli Stati occidentali sarebbero disposti a usare l'esecutivo appena costituitosi come canale per fare arrivare aiuti umanitari ai siriani, senza però riconoscerlo.

Il 40 per cento della popolazione ha bisogno di assistenza, nelle zone sotto assedio la gente è esposta a malnutrizione e il focolaio di polio riscontrato alcune settimane fa ha allertato l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) che ha avvertito sul rischio di un ritorno della polio in tutto il Medio Oriente.

La Coalizione pensa a come raccogliere sostegno economico e un governo potrebbe farlo attraverso le tasse e anche sfruttando le risorse petrolifere delle zone sotto il suo controllo, anche se la produzione e la vendita di greggio pare complicata in un Paese in guerra. Intanto, riporta Hurriyet, anche dall'Occidente è arrivato un po' di supporto: il ministro francese degli Esteri, Laurent Fabius, ha parlato di " spirito di responsabilità" e l'inviato speciale britannico per l'opposizione siriana, Jon Wilks, ha definito il governo dei ribelli "un passo importante", sottolineando che Gran Bretagna è pronta a sostenerlo nella distribuzione di aiuti ai siriani.

Fonte

Dispiace (mica poi tanto alla fine) dirlo, ma la politica esterna più stracciona in queste settimane la stanno tenendo i paesi europei, pure Kerry riesce a fare meglio.

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