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12/11/2013

Pensioni? L’aumento delle disuguaglianze aumenta i costi previdenziali

Quando si sente parlare a sproposito gli economisti liberali di sistemi previdenziali viene voglia di… Quando si vede che il Corriere della Sera si indigna per l’attacco alle pensioni… ma solo quando vengono intaccate quelle più alte. Quando Cgil Cisl Uil hanno fatto passare senza colpo ferire la controriforma Fornero sulle pensioni. Ma soprattutto quando uno è rimasto esodato, con la pensione falcidiata, con la pensione rinviata a data indefinita o destinato ad avere solo la minima etc. viene voglia di fare prima una rivolta e subito la rivoluzione. Ovvero quei fatti concreti che tendono a rimuovere le disuguaglianze sociali. Alcuni dati che riportiamo qui di seguito – uno tra tutti la conferma che le superpensioni si cuccano un quinto della spesa previdenziale complessiva – spiegano perché la classe dominante, i governi Monti e Letta, i diktat dell’Unione Europea, la lettera di Draghi e Trichet del 5 agosto 2011, sono il problema che va rimosso.

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Ogni tanto capita che in Tv – dimenticato per un attimo Berlusconi, i suoi reati, le sue escort e le sue barzellette, nonché le liti nel PdL e nel Pd – si discuta di questioni più importanti per i non addetti ai lavori, come ad esempio di pensioni. In questi rari casi però la confusione è massima, facilitata dall’ignoranza – vera o voluta – dei vari conduttori televisivi: Vespa, Santoro, Formigli, Paragone, Porro, Telese, Gruber, ecc. I quali non esitano a farsi portatori di approssimazioni grossolane, mezze verità e vere e proprie falsità.
Per fare chiarezza sarà bene elencare alcune questioni, come opportunamente ci ricorda Sante Moretti, esperto di sistemi pensionistici.

1. I pensionati italiani percepiscono un assegno pensionistico inferiore a quasi tutti gli altri paesi europei. La cosiddetta spesa pensionistica è minore di almeno 3 punti della media europea in quanto in Italia vi è conteggiato il TFR e non si calcolano quei 34 miliardi prelevati dal fisco, cosa che non avviene negli altri paesi europei.
2. L’evasione contributiva viaggia tra i 30 e i 40 miliardi l’anno e l’Inps vanta crediti (concordati) di circa 30 miliardi di mancati versamenti contributivi da parte delle aziende.
3. Il governo Monti ha prelevato dalle pensioni la parte più consistente delle risorse per raggiungere il pareggio di bilancio attraverso la legge Fornero. Legge che tra l’altro garantisce allo Stato per il prossimo decennio un ulteriore prelievo di 10 miliardi l’anno.
4. Tra importi di pensione erogati e i contributi versati, i fondi dei precari e dei lavoratori dipendenti sono in attivo di circa 12 miliardi che vengono utilizzati per ripianare le passività dei fondi dei lavoratori autonomi, del clero e dei dirigenti di azienda.
5. Il passaggio all’Inps della gestione delle pensioni del pubblico impiego vi ha caricato un deficit di circa 10 miliardi maturati a causa dei mancati versamenti contributivi da parte delle amministrazioni pubbliche.
6. Permane ancora una commistione tra previdenza e assistenza e soprattutto con le agevolazioni contributive alle aziende.
7. Il bilancio dell’Inps è in attivo, e persino il suo presidente, lautamente pagato, lo conferma: “Non ci sono problemi per la tenuta del sistema previdenziale”.
8. Le pensioni vengono pagate con i contributi, che sono quote di salario che ogni anno sono versate dai lavoratori e dalle lavoratrici, e quindi non incidono sulla spesa pubblica, come invece sostengono gli interessati detrattori del sistema pensionistico pubblico. I quali ogni volta ripetono che i giovani non avranno la pensione a causa dei “privilegi” dei vecchi, e che quindi è meglio rivolgersi alle compagnie assicurative.

La verità è che si vuole distruggere il sistema previdenziale pubblico, solidale e universale, in quanto non decollano né la previdenza integrativa né le polizze assicurative. E i mercati, poveretti, “soffrono”.

Da www.puntorosso.blog

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...Nel 2011, il 5,2% dei pensionati (861mila persone in tutto), che percepisce un assegno mensile superiore ai tremila euro, ha assorbito in tutto 45 miliardi, vale a dire il 17% della spesa previdenziale. Poco meno di quanto sborsato per i 7,3 milioni di italiani, il 44% del totale, il cui reddito non supera i mille euro al mese. In cifre 51 miliardi in tutto, pari al 19,2% della spesa complessiva.

Nel confronto con l’anno precedente, sempre in base alle ultime proiezioni pubblicate dall’Istat a fine ottobre, colpisce anche il tasso di crescita dei super pensionati. A fronte della diminuzione del numero complessivo dei pensionati italiani, calato di 38 mila unità, nel 2011 nella fascia di quanti percepiscono più di tremila euro mensili si sono aggiunte altre 85 mila persone (+10,9%), con un aumento della spesa di 4,6 miliardi di euro. In generale c’è una tendenza alla «migrazione» dei pensionati verso classi d’importo maggiore, sottolinea l’istat, spiegabile sia con la perequazione annuale, sia con il fatto che il valore medio delle nuove pensioni è maggiore di quello delle cessate.
Infatti sempre nel 2011 si è verificata anche una diminuzione dei pensionati sotto i mille euro (di quasi 250mila teste, -3,3%). Tenendo presente che si sta parlando di pensionati e non di pensioni: una stessa persona può essere titolare di più trattamenti (pensioni di vecchiaia, invalidità, sociali e altro). La distribuzione dei pensionati per classe d’importo risente infatti della possibilità di cumulo di uno o più trattamenti sullo stesso beneficiario.
Sempre nel 2011 quasi un quarto dei pensionati è stato destinatario di un doppio assegno. Probabilmente con il blocco dell’indicizzazione e gli altri cambiamenti che hanno toccato il mondo delle pensioni dalla fine del 2011 qualcosa oggi è cambiato, ma si tratta comunque di dati consolidati, riflesso di situazioni che permangono negli anni.
Tra la fascia dei pensionati al minimo e quella degli assegni d’oro, vivono i 6,3 milioni di italiani che percepiscono un assegno tra i 1000 2 i 2000 euro e i 2,1 milioni di persone che ricevono tra i 2000 e i 3000 euro al mese. E che completano l’esercito dei 16,6 milioni di pensionati.

Da La Stampa dell’11 novembre 2013

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