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28/11/2013

Camila Vallejo non è una velina. È una donna politica, ha idee e sa parlare ma, invece che da sue interviste, c’invadono di gallerie di foto

Non ricordo di aver visto gallerie di foto per neoelette deputate comuniste bulgare o sudafricane o svizzere. In queste ore, da Repubblica al Fatto, tutto il mainstream sgomita per mostrare gallerie di foto della neodeputata comunista cilena Camila Vallejo. E’ evidente che l’unica cosa che interessa ai quotidiani non sia informare ma aizzare il voyerismo dei lettori mostrandone l’avvenenza. Altrimenti intervisterebbero la donna politica cilena per raccoglierne la storia, le idee, i progetti, la radicalità della militanza. Eppure sa parlare Camilla, ha idee ben chiare, milita in un partito che viene da lontano e ha avuto centinaia di martiri, uomini e donne, sa tenere discorsi pubblici e incantare il pubblico non col bel viso ma con le cose che ha da dire. Al contrario il nostro mainstream la umilia privandola di voce e la sbatte lì, come una velina qualsiasi, per racimolare qualche click accomunandola alla nostra triste tradizione politica, quella delle Nicole Minetti. Non è in parlamento perché è bella Camila Vallejo. Lei e i suoi colleghi sono in parlamento perché leader di un movimento di moltitudini che ha tenuto in scacco per un anno e mezzo il governo neoliberale e oggi chiede a Michelle Bachelet di rispettare i patti per un sistema educativo pubblico, efficiente e gratuito.
È vero, Camila è la “fidanzata d’America”, ricevuta insieme ad altri leader studenteschi cileni, come Karol Cariola, segretaria generale della gioventù comunista, anch’essa eletta ma non oggetto di gallerie, da tutti i principali dirigenti integrazionisti latinoamericani, da Fidel Castro a Hugo Chávez. Li hanno ricevuti perché quel movimento ha rappresentato la novità più importante in un quarto di secolo di un paese ancora strangolato dal regime neoliberale. Ma vallo a spiegare a Repubblica… Camila Vallejo è appunto la fidanzata di un’America latina integrazionista costantemente demonizzata da quegli stessi giornali. Camila è esponente di quell’asse del male latinoamericano da colpire per il quale i nostri giornali sarebbero stati pronti ad appoggiare una guerra contro l’America latina nell’era Bush. Oggi, denudandola della propria identità e delle proprie idee, pretendono di venderne il corpo. Addirittura il TG3 delle 19 di ieri, nel darla in pasto ai propri spettatori, ha evitato di dire di che partito fosse Camila Vallejo. Troppo scomodo.
Solo una chiosa. Per le gallerie di Camila Vallejo il mainstream usa indistintamente il termine “pasionaria”. Come la pensi chi scrive di questo stantio stereotipo per il quale ogni donna comunista di lingua spagnola sia “pasionaria” è qui dal lontano 2005.

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