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13/11/2013

Boeing: tra Marchionne e Wal-Mart

di Michele Paris

Nella giornata di mercoledì gli operai della Boeing di Everett, nello stato di Washington, saranno chiamati ad approvare o respingere una proposta di contratto negoziata tra il management della compagnia aerospaziale, i vertici sindacali e i leader politici locali che promette di sconvolgere in maniera permanente i rapporti di fabbrica e le condizioni di lavoro di quasi 20 mila persone. Nonostante il contratto in vigore dei meccanici della Boeing sia in scadenza solo fra tre anni, la dirigenza della compagnia ha sfruttato il prossimo inizio della produzione del nuovo aeromobile 777X per ottenere una serie di concessioni dai lavoratori difficilmente conseguibili nell’ambito delle normali trattative con il sindacato (International Association of Machinists, IAM).

In particolare, la Boeing richiede la garanzia che non verranno organizzati scioperi nei prossimi 11 anni, il passaggio dall’attuale sistema pensionistico a quello contributivo e quindi meno vantaggioso, lo stop all’accumulazione di ulteriori benefici in vista della pensione, l’aumento dei premi da pagare per le polizze sanitarie di dipendenti e pensionati e l’allungamento del periodo previsto per il raggiungimento del livello massimo di retribuzione da sei a sedici anni.

Inoltre, tra il 2016 e il 2024 saranno erogati soltanto quattro aumenti salariali pari all’1% ciascuno. Gli stipendi, cioè, verranno di fatto tagliati visti i livelli di inflazione decisamente più elevati. In cambio di questa svendita dei lavoratori e dei loro diritti acquisiti sostanzialmente appoggiata dal sindacato, la Boeing promette un bonus una tantum pari a 10 mila dollari.

Se gli operai non approveranno il nuovo accordo, la Boeing potrebbe concretizzare la minaccia di trasferire la produzione del nuovo 777X dal gigantesco stabilimento a nord di Seattle in un impianto non sindacalizzato della Carolina del Sud, con la conseguente perdita, includendo l’indotto, di decine di migliaia di posti di lavoro per lo stato di Washington.

La richiesta di firmare il prolungamento del contratto con una pistola puntata alla tempia ha prodotto una massiccia opposizione tra i lavoratori nei confronti dei vertici aziendali e dello stesso sindacato che dovrebbe teoricamente tutelare i loro interessi.

Un’accesa riunione tra gli iscritti all’IAM lo scorso giovedì ha fatto emergere tutta la rabbia degli operai, tanto che il presidente della sezione 751 del sindacato, Tom Wroblewski, ha addirittura fatto a pezzi una copia dell’accordo da lui firmato, minacciando di revocare il voto di mercoledì.

Lo stesso Wroblewski, tuttavia, qualche giorno più tardi è tornato a sostenere l’accordo, sia pure in maniera velata, e a ricordare ai lavoratori di decidere “ciò che è giusto per loro, per le loro famiglie e per la comunità”, visto che in ballo c’è “il loro futuro e il loro lavoro”.

Le minacce e le pressioni del sindacato per dividere i lavoratori e giungere ad un voto positivo hanno fatto però ben poco per calmare gli animi, visto che nel pomeriggio di lunedì un’altra riunione tra alcune centinaia di iscritti ha di nuovo mostrato l’ampia opposizione all’accordo. Alcuni di questi ultimi hanno anche denunciato i tentativi dei vertici sindacali di mettere a tacere il dissenso, accusandoli inoltre di avere tradito lo sciopero di quasi due mesi messo in atto nel 2008 imponendo le pesanti concessioni volute dall’azienda.

Tra gli operai intervistati dal Seattle Times durante l’incontro, molti hanno espresso il malcontento nei confronti del sindacato e il timore per i tagli a stipendi e benefit che si prospetterebbero con l’estensione del contratto, provocando nel prossimo futuro una sorta di “Wal-martizzazione dell’industria aerospaziale” nello stato, in riferimento alla depressione delle retribuzioni causata dall’arrivo del gigante della distribuzione Wal-Mart nelle varie comunità degli Stati Uniti.

A conferma dell’unità di intenti tra politica, sindacato e azienda per portare attacchi senza precedenti contro i lavoratori, nella giornata di lunedì il leader sindacale Wroblewski è apparso a fianco dell’amministratore delegato di Boeing Commercial Airplanes, Ray Conner, e del governatore democratico dello stato di Washington, Jay Inslee, durante una cerimonia organizzata per la firma da parte di quest’ultimo di un pacchetto legislativo che comprende svariati benefici per la compagnia.

Lo stato di Washington ha infatti da poco approvato un provvedimento ad hoc per la Boeing in seguito alle richieste della compagnia per garantire la produzione del 777X a Everett. Tra le agevolazioni previste ci sono 8,7 miliardi di dollari in tagli alle tasse nei prossimi tre decenni, 8 milioni di dollari destinati alla formazione di lavoratori del settore aero-spaziale e norme più semplici per la realizzazione di progetti industriali in questo ambito.

La Boeing ha anche chiesto, oltre al nuovo contratto che gli operai dovranno votare mercoledì, un pacchetto fiscale per finanziare l’ammodernamento delle infrastrutture dello stato, tra cui le strade che la compagnia utilizza per trasportare i propri aeromobili. Su quest’ultima misura, tuttavia, il parlamento statale di Washington non ha ancora trovato un accordo definitivo.

L’amministratore delegato Conner, intanto, sempre nella giornata di lunedì ha ribadito che la minaccia di portare la produzione del 777X in Carolina del Sud “non è un bluff”, dal momento che la sua compagnia è ormai “sotto assedio dai concorrenti stranieri”, a cominciare dall’europea Airbus.

La Boeing, d’altra parte, come altre grandi aziende americane, ha già mostrato ben pochi scrupoli nel trasferire i propri impianti da stati a forte presenza sindacale e con retribuzioni relativamente elevate ad altri, soprattutto nel sud degli Stati Uniti, dove la manodopera risulta molto più flessibile ed economica.

Nel 2009, ad esempio, la produzione del 787 Dreamliner è stata spostata proprio nell’impianto di North Charleston, in Carolina del Sud, così come altre commesse hanno ugualmente lasciato l’area a nord di Seattle e altri impianti nello stato di Washington.

Anche con la firma del nuovo contratto, peraltro, nonostante le concessioni è tutt’altro che certo che la produzione del nuovo prodotto Boeing rimarrà interamente a Everett. Tra le parti dell’accordo che più preoccupano i lavoratori, oltre a quelle riguardanti le loro condizioni, ce n’è infatti una che sembra lasciare aperta la possibilità per la compagnia di appaltare la realizzazione delle sofisticate ali del nuovo aeromobile ad un fornitore esterno.

Tutti i sacrifici richiesti con la collaborazione del sindacato ai propri operai dietro il ricatto di vedere sparire migliaia di posti di lavoro, va ricordato, si inseriscono in un frangente nel quale la Boeing sta raccogliendo profitti da record e letteralmente ricoprendo di dollari i propri top manager.

Nel terzo trimestre di quest’anno, la compagnia aerospaziale ha fatto registrare un aumento degli utili pari al 12% (2,2 miliardi di dollari), mentre il CEO di Boeing Company, Jim McNerney, ha ricevuto nel 2012 qualcosa come 27,5 milioni di dollari tra stipendio e benefit vari dopo che la compagnia americana ha superato per la prima volta in un decennio la rivale Airbus.

Al di là dell’esito del voto di mercoledì, che nonostante le manifestazioni di protesta contro l’accordo non appare per nulla scontato viste le pressioni a cui i meccanici della Boeing sono sottoposti, la vicenda della fabbrica di Everett è l’ennesima conferma di come i lavoratori negli Stati Uniti e altrove non trovino ormai più nessuna significativa rappresentazione nelle organizzazioni sindacali tradizionali.

Queste ultime, infatti, operano sempre più come un’estensione della dirigenza aziendale per far accettare ai propri iscritti ogni richiesta di concessione o smantellamento dei propri diritti, dividendo e isolando i lavoratori che intendono manifestare un qualsiasi proposito di resistenza.

Di fronte a questo scenario, la sconfitta dei lavoratori nelle singole unità produttive diventa pressoché inevitabile, tanto più che le compagnie trovano regolarmente preziosi alleati tra i politici di entrambi gli schieramenti e la stampa ufficiale, diligentemente impegnata a predicare l’impossibilità di combattere e percorrere strade alternative che non prevedano il deterioramento delle condizioni di lavoro per evitare lo spettro continuamente agitato di licenziamenti e della chiusura degli impianti industriali.

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