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26/11/2013

Accordo Iran / 5+1: intesa raggiunta

AGGIORNAMENTO 24 NOVEMBRE 2013. L'intesa è stata raggiunta nella notte a Ginevra, dopo quattro giorni di colloqui tra i Paesi del 5+1 (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania) e l'Iran. Teheran si è impegnata a non arricchire uranio sopra il 5 per cento, a neutralizzare del 20 per cento le riserve di uranio arricchito e a non realizzare altre centrifughe. In cambio per i prossimi sei mesi le potenze mondiali non imporranno sanzioni che impediscono le transazioni finanziarie e ostacolano la vendita del petrolio.

Sebbene l'accordo sia limitato nel tempo, è stato presentato come un successo dai partecipanti al negoziato, raccogliendo il favore anche della Guida Suprema dell'Iran l'Ayatollah Ali Khamenei: un primo passo verso la soluzione definitiva della questione del nucleare iraniano, che agita lo scacchiere mediorientale. Unica voce critica quella del governo israeliano: il premier Benjamin Netanyahu ha affermato che Tel Aviv non si sente vincolata dall'intesa che ha impegnato la Repubblica islamica a "rinunce di carattere cosmetico" e che non permetterà all'Iran di sviluppare una capacità nucleare militare. "Un errore storico",, ha detto Netanyahu, "Il mondo è più pericoloso". Nena News


Roma, 23 novembre 2013, Nena News - Oggi è già domani, e cioè il "momento finale" dei negoziati sul nucleare iraniano, come ha profetizzato il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. Assieme agli altri capi della diplomazia del 5+1 (Russia, Cina, Usa, Francia, Gran Bretagna + Germania), Yi è volato nella notte a Ginevra con l'intento di mettere una firma su un'intesa che porrebbe fine a dieci anni di fallimento diplomatico sulla questione. Il segretario di Stato Usa John Kerry era partito ieri sera per "aiutare a sciogliere i nodi" del complesso negoziato, anche se la sua presenza non avrebbe costituito "una previsione dell'esito", come si erano affrettati a precisare dal Dipartimento di Stato. Stamattina, invece, l'accordo sembra quasi concluso. "Se fossero solo vicini all'intesa - ha dichiarato Trita Parsi, presidente del Consiglio Nazionale Iraniano americano - Kerry non sarebbe andato. Significa che l'accordo è fatto".

Strano il destino di questo round di colloqui, il terzo dall'inizio del negoziato, che al secondo giorno già lasciava poche speranze di firmare un primo accordo di sei mesi, base per un piano definitivo. Giovedì, dopo una partenza in un "clima positivo" come sempre, era arrivata la prima doccia fredda: i colloqui erano fermi sui punti più importanti, come il diritto della Repubblica islamica di arricchire l'uranio e il destino delle scorte già arricchite al 20 per cento. Altro nodo cruciale era l'alleggerimento delle sanzioni, sul quale infuriava una strenua battaglia dopo che Barack Obama, per dare un contentino al Congresso, aveva dichiarato che le sanzioni più importanti, quelle sui proventi del petrolio - che da sole generano interessi del valore di 120 milioni di dollari al mese - sarebbero rimaste.

Poi era arrivato l'annuncio del Senato americano: dopo le vacanze del Ringraziamento avrebbe votato per imporre un nuovo pacchetto di sanzioni all'Iran. "Noi sosteniamo questo negoziato - ha dichiarato il leader dei democratici al Senato Harry Reid - e speriamo che si arrivi a un accordo. Ma dobbiamo essere pronti e preparare un nuovo pacchetto di sanzioni entro due settimane". Parole che non hanno certo aiutato le difficoltà iniziali del round di negoziati: il numero due della delegazione iraniana, Abbas Araghchi, giovedì sera dichiarava che "nessun progresso" era stato fatto fino ad allora, e che non vedeva prospettive di riuscita nemmeno per la giornata di venerdì. La delegazione iraniana aveva avvertito che nell'attuale clima di diffidenza "creato dalle resistenze a un accordo", non si era "nella fase in cui si possa affrontare seriamente la stesura di un testo".

Certo, le dichiarazioni della Guida Suprema iraniana Ali Khamenei, che mercoledì da Teheran aveva tuonato contro Israele, "cane rabbioso del Medio Oriente destinato a sparire" e avvertito che l'Iran non cederà sul suo diritto di arricchire uranio, non avevano aiutato. Parole "inaccettabili", come si era affrettato a dire il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius, che non giovano affatto al negoziato. Israele era convinto di aver vinto l'altro ieri, quando sembrava che l'accordo fosse sfumato un'altra volta: era riuscito a trascinare Parigi nella sua offensiva diplomatica, con la delegazione francese che aveva fatto saltare l'accordo del 9 novembre chiedendo "più trasparenza" che non una semplice firma messa da Teheran per "fermare" l'arricchimento dell'uranio al 20 per cento. La Francia si è ri-presentata a Ginevra ancora più risoluta, chiedendo "fermezza nel negoziato", e il presidente israeliano Benjamin Netanyahu aveva profetizzato mercoledì scorso che "l'Iran non avrà mai l'arma nucleare".

E invece ieri sera, quando tutto sembrava perduto, il 5+1 pare abbia riconosciuto a Teheran il diritto di arricchire uranio. E' stata l'emittente iraniana Press Tv a dare la notizia, citando fonti interne alle delegazioni sedute al tavolo di Ginevra. Una vittoria morale per la Repubblica islamica, che potrebbe cambiare le sorti (e forse le pagine) del negoziato: la bozza redatta il 9 novembre scorso e presa come punto di partenza per un accordo interinale di sei mesi, prevede lo stop all'arricchimento dell'uranio al 20 per cento, assieme al blocco del reattore ad acqua pesante di Arak che produrrebbe plutonio. In più, l'Iran dovrebbe sottoporsi al più rigido controllo da parte degli ispettori dell'Aiea. Israele, che voleva lo stop di ogni attività della Repubblica islamica legata al nucleare, era riuscito a convincere la Francia a proporlo nel testo. Ma ora è ancora tutto da vedere: i compromessi fatti da Teheran e dalle delegazioni occidentali sedute a Ginevra sono ancora in fase di elaborazione.

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