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23/10/2013

Datagate. "Italia spiata? va bene così"

Il Datagate, quando esplode all'interno dei paesi alleati degli Stati Uniti, ma lo stesso spiati dal proprio “padrone”, provoca tempeste politiche più o meno forti, reazioni indignate sull'onda delle palesi violazioni della “sovranità nazionale”.

Per l'Italia non andrà così, pare. Questo articolo de La Stampa di Torino – organo di casa Fiat, non certo sospettabile di antipatie per Washington – spiega che parlamentari e servizi segreti di casa nostra sono già attivi per spiegare che “tutto va bene, non è successo niente”.

Servi si diventa, si dice. Ma qualcuno c'è Nato.

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Datagate, anche l’Italia teme rivelazioni
I servizi giocano d’anticipo. Diplomazie e Copasir al lavoro per evitare ripercussioni
Paolo Mastrolilli - inviato a New York


L’Italia non era a conoscenza delle attività di sorveglianza svolte dalla National Security Agency americana sul proprio territorio, ma appena la questione è emersa ha ricevuto tutte le informazioni necessarie per capire cosa era successo. Gli scambi sono avvenuti tanto al livello delle strutture di intelligence, con visite dei massimi dirigenti, quanto a quello parlamentare, visto che una delegazione del Copasir è appena stata a Washington.

Le operazioni rivelate dall’ex agente Snowden forse possono sorprendere l’opinione pubblica, ma non gli addetti ai lavori. Sono attività che tutti i servizi segreti cercano di svolgere, con maggiori o minori mezzi, e naturalmente non si rivelano in anticipo perché questo le renderebbe inutili. Lo scopo, dagli attentati dell’11 settembre 2001 in poi, è stato soprattutto quello di combattere il terrorismo, e la collaborazione tra l’intelligence americana e italiana si è molto rafforzata, nell’interesse della protezione di entrambi i paesi.

Già nel luglio scorso Giampiero Massolo, il direttore del Dipartimento informazioni e sicurezza (Dis), aveva fatto una visita a Washington, dove aveva incontrato il generale Keith Alexander, capo della Nsa, e John Brennan, nuovo leader della Cia. Quella era stata una prima occasione per fare il punto sulla vicenda della sorveglianza, e stabilire ulteriori contatti per approfondirla, con una visita in Italia da parte delle controparti americane. 

Sempre durante l’estate, è cambiato il capo della Cia a Roma. L’avvicendamento era previsto da tempo, e non era legato alla vicenda del caso Snowden. Il nuovo incaricato, però, aveva in precedenza una posizione di rilievo a Langley, e questo gli ha consentito di arrivare in Italia pronto a gestire la nuova emergenza.

Nelle settimane scorse era attesa una visita a Roma dei vertici dell’agenzia, di ritorno da una missione in Afghanistan. Quella sosta alla fine non è stata possibile, ma il viaggio in Italia dovrebbe avvenire comunque entro il prossimo mese.

Questi contatti diretti hanno consentito ai servizi di intelligence di chiarire cosa era avvenuto in termini di sorveglianza, anche nel nostro paese. Nei giorni scorsi, poi, una delegazione del Copasir è andata a Washington, dove è stata ricevuta con la massima attenzione dal capo della Cia Brennan e dai vertici della National Security Agency. Fonti americane sostengono che i parlamentari hanno ottenuto le risposte alle domande che ponevano, e in ogni caso i loro interlocutori hanno confermato che i servizi italiani non avevano ricevuto informazioni preventive sulle operazioni svolte dalla Nsa, come del resto è prassi abituale in questi casi. I canali comunque restano aperti, per i chiarimenti che l’Italia volesse ancora richiedere.

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