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17/08/2013

Le meravigliose storie d'agosto tra invenzione della ripresa economica e grazia a Berlusconi

L'estate, si sa, è il tempo dell'intrattenimento all'aperto. Le storie si raccontano e si ascoltano più volentieri. Oltretutto la società dello spettacolo, anche quella con il mobile e il wireless, si basa sul potere dell'intrattenimento. Ci sono quindi tutte le condizioni per cui, nella comunicazione politica, si passi l'agosto a raccontare storie. Fatte apposta per essere più fantastiche quanto più si è nel culmine delle ferie. Per voi, in breve, ne abbiamo scelte due.

LA STRAORDINARIA CHIMERA DELLA RIPRESA ECONOMICA

Far leggere ai media i dati sull'economia, come se fossero numeri dettati dal caso, al di fuori di qualsiasi contesto di analisi è prassi consolidata. Capita in Birmania come sulla Fox News americana. Deve far riflettere però il fatto che i principali media italiani, da almeno un quarto di secolo (prima della caduta del muro), trasmettono in coro la stessa concezione dell'economia e la medesima modalità di propaganda nella lettura dati. Il tutto consiste nel "rassicurare" nei picchi di crisi e nel cogliere, o meglio produrre a reti unificate, i "segnali" di ripresa. Ultime puntate di questa lunghissima serie quelle dedicate alla straordinaria chimera della ripresa economica italiana. Ma quando si trasmette l'economia a reti unificate, giornali compresi, produrre la ripresa economica è possibile. Almeno nel mondo mediale. Per cui il rallentamento del -0,2 annuo del Pil nazionale è stato trasmesso come segnale di ripresa perché si prevedeva un -0,4 nello stesso trimestre. Peccato che le stime sulla recessione su base annuale, quindi non trimestrale, si attestino sul -2. Peggio di quanto previsto dal governo a inizio anno (-1,3), e peggio della revisione al ribasso delle stime recessive sull'Italia di Standard & Poor's (1,8) e del Fondo Monetario Internazione (1,9). Come un rallentamento trimestrale delle stime recessive possa far pensare ad una ripresa, quando è unito al peggioramento delle previsioni su base 12 mesi, né Repubblica né l'Unità né il Tg1 riescono a spiegarcelo. C'è poi la narrazione sull'uscita tecnica dell'Eurozona dalla crisi. Più 0,3 di Pil a livello eurozona su base trimestrale. Verissimo. Solo che la previsione annuale è -0,7. Qualsiasi cosa
sia un'uscita "tecnica", qui i pareri sono controversi, in Europa non c'è nemmeno quella. Si guardi poi i dati disaggregati nell'eurozona. Crescono i paesi forti (Francia e Germania) e non quelli periferici (tipo Italia e Spagna). Commento a reti unificate "l'Italia si attarda perché deve fare le riforme". Basta invece vedere lo storico dei dati sulla crescita e sulla recessione nell'eurozona. Quando c'è crisi i due paesi chiave dell'eurozona perdono comunque meno degli altri. Quando la crisi e minore gli altri "si attardano".

Già perché l'eurozona è costruita a tutela, quando possibile del surplus dei paesi "core". Aspirando risorse dai paesi periferici. Basta vedere come sono nati i parametri di Maastricht. E' il colonialismo, bellezza. Chi pensava esistesse solo per altri paesi ecco servito il colonialismo come economia interna all'Europa. Continente che pure il colonialismo lo ha inventato finendo per rivolgerlo contro sé stesso.
Se i dati sul rallentamento della "crescita" cinese sembrano troppo esotici (per quanto importanti) si guardi a Wall Street. Seduta in rosso, quella del 14/8, a causa della stimata futura contrazione della liquidità della Federal Reserve (la banca centrale che immette, assieme a quella giapponese e a quella inglese, denaro usato anche per abbassare lo spread in Italia). Contrazione che è destinata, pena l'esplosione inflattiva, a durare. Quindi a creare condizioni di stretta creditizia che non potranno che rallentare la "crescita" americana, motore storico di quella mondiale, e anche l'acquisto di Btp italiani (non a caso il potente fondo americano-tedesco Pimco ha annunciato di alleggerirsi di titoli italiani: occhio alle potenzialità speculative di questa manovra). In queste condizioni di, nel migliore dei casi, stagnazione mondiale futura parlare di ripresa imminente è solo esercizio di propaganda. Una meravigliosa storia d'estate costruita un po' per intrattenere la gente sotto l'ombrellone, o rimasta a casa, e puntellare il consenso attorno al governo Letta.

Resta lo stupore su come si possa produrre questo Orwell economico, dove si omettono le puntate precedenti (quando si parlava del "2012 come anno della ripresa" poi è toccato al 2013 ora al 2014...) in un eterno presente. Del quale è meglio occuparsi come momento temporale privilegiato visto che il FMI comincia a stimare il 2040 come anno in cui l'Italia recupererà pienamente occupazione e ricchezza perdute nei primi sei anni di crisi.

LA VICENDA DELL'AGIBILITA' POLITICA DI BERLUSCONI
La fola della ripresa economica in atto, oltre a nascondere la gravissima crisi italiana e le responsabilità dell'allenza PD-PDL nel disastro nazionale, serve per dare una immagine di efficienza a un governo che, nell'ottica Napolitano, "non si può far cadere". Insomma, propaganda non solo verso la popolazione italiana, che va convinta a tranquillizzarsi come ad investire e a spendere, ma anche a fini di equilibrio interno nel governo PD-PDL. Equilibrio minacciato dalla richiesta di una "soluzione politica" per Berlusconi dopo la condanna Mediaset. Ma serve davvero una grazia a Berlusconi per fare politica? Naturalmente no.

Prima di tutto perché un parlamentare assente a quasi il 99% delle sedute, come è Berlusconi da statistica, non ha evidentemente bisogno della presenza a Palazzo Madama per fare politica. Secondo perché, come ha fatto Grillo, l'assenza in parlamento non impedisce certo la crescita elettorale della propria lista. Allora perché nel Pdl parlano di provvedimenti che ripristino l'agibilità politica di Berlusconi? Per quanto ai lavori socialmente utili (uno spot unico per la nuova Forza Italia) o ai domiciliari, Berlusconi sarebbe in grado di governare, e alla grande, il partito.
Ma la costituzionalizzazione del problema Berlusconi, tramite il problema dell'"agibilità politica" del leader del Pdl, guarda alla produzione di argomenti su due questioni: l'agibilità, quella si, economica di Mediaset nel nuovo contesto politico-giudiziario e il peso del centrodestra-Mediaset nelle riforme istituzionali ancora oggi prefigurate da Napolitano tramite l'asse Pd-Pdl.

Più si agita la propaganda sul tema dell'agibilità politica di Berlusconi più si guadagnano, o si crede di guadagnare, punti su questi due terreni. Non a caso quindi la giornata del discorso di Napolitano sulla possibile grazia (sentiero comunque spinoso) a Berlusconi la figlia Marina ha dichiarato di
voler stare lontana dalla politica. Segno che, in qualsiasi modo, azienda e politica sono legate, come potrebbe essere altrimenti, e che la modulazione della catena di comando dei Berlusconi tra Mediaset e centrodestra è affare che parla direttamente al presidente della repubblica. Come garante del governo e delle eventuali riforme istituzionali. Come una multinazionale, come Mediaset, sistematicamente dedicata al trasferimento di fondi off-shore (perché 360 milioni di "trasferimenti" non sono stati processati grazie all'autoindulto concessosi da Berlusconi) possa essere potere costituente va poi chiesto al Pd e a Napolitano.
Intanto il Corriere della Sera si balocca sulla necessità della "pacificazione", l'Unità è possibilista sulla grazia, Repubblica segue comunque Napolitano. Quando la favola dell'agibilità politica da concedere a Berlusconi svanirà assieme all'estate i problemi sul campo resteranno tutti. Da risolversi con una ennesima campagna elettorale da giorno del giudizio, Berlusconi minaccia elezioni ogni anno che sia al potere o meno, oppure con un governo blindato sulle prossime scadenze: finanziaria, fiscal compact (stimata una prima rata di 60-80 miliardi), semestre presidenza europea e "riforme" istituzionali.

E così l'agosto scorre, dietro le chimere, a reti unificate, si nasconde la realtà. Shakespeare nel sogno di una notte di mezza estate scriveva: "il dissennato l'amante e il poeta non son composti di nient'altro che di fantasia".

Oggi possiamo dire che il mainstream mediale italiano ha le stesse caratteristiche: è composto di fantasie. L'importante è non crederci.

(Redazione) 16 agosto 2013

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