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30/08/2013

Il pentapartito di Napolitano

Il nuovo pacchetto  di misure del governo si colloca nella più  classica metodologia democristiana.
Si toglie la tassa sulla prima casa a poveri e ricchi e se ne redistribuisce il costo in nuovi balzelli distribuiti a pioggia. Che alla fine peseranno ancora sui poveri, ma in modo più complicato da dimostrare.
Si distribuiscono un po' di mance a licenziati e cassaintegrati, guardandosi bene però dall'affrontare davvero la loro condizione. Si tolgono diritti e si distribuiscono un po' di elemosine selettive.
E soprattutto si continua con la politica di austerità e massacro sociale, coprendola però con benedizioni e auspici ottimisti.
Oramai è chiaro che PD e PDL riescono benissimo a governare assieme. La favola che sono scontenti e sempre più indisponibili reciprocamente è svanita nel sorriso incontenibile di Alfano e in quello sornione di Letta. Governano  assieme perché sulle questioni di fondo vanno d'accordo e oggi sono anche d'accordo sul circoscrivere ciò su cui confliggono. Un po' democristiani e un po' craxiani hanno come slogan "e la barca va"...
Il governo delle  larghe intese occupa così lo spazio politico e morale di quello che fu il pentapartito di venti anni fa.

Come quel sistema di alleanze e potere, PD e PDL puntano a diventare regime, a circoscrivere il campo delle alternanze attorno a se stessi. Tutto ciò che sta fuori non deve contare e in prospettiva neanche esistere, anche se assieme le forze di governo sono solo la metà del paese.
Craxi e De Mita non si odiavano meno di quanto si detestino gli attuali alleati di governo, ma per venti anni hanno governato assieme.
Come allora la pregiudiziale anticomunista interna e internazionale dava forza e giustificazione al regime del pentapartito, così oggi PD e PDL spiegano che così vuole l'Europa. Ed è significativo che il nume tutelare di questo quadro politico sia un Presidente della Repubblica che viene da quel partito comunista principale avversario del regime del pentapartito.
Fatto sta che le vicende giudiziarie di Berlusconi sono servite non a indebolire, ma a rafforzare il governo, che cadrà davvero solo se crolleranno i partiti e gli interessi che lo sostengono.
E questo avverrà solo se il sistema di potere e i poteri forti che oggi comandano saranno messi in discussione da lotte sociali e politiche e da  un vera alternativa. La forza del governo sta nella passività sociale, politica e morale del paese, aggravata da un ruolo inesistente di CGIL CISL UIL e dalla frantumazione della opposizione di sinistra, il cui vuoto non è compensato dai 5 stelle.
Eppure c'è un paese che resiste al regime, dalla valle Susa alle lotte diffuse per il lavoro. C 'è un paese che si prepara a scendere in piazza con il sindacalismo di base e con i movimenti. C'è un paese che deve unirsi per costruire l'alternativa.
Alternativa all'Europa delle banche e della austerità e al governo che la rappresenta in Italia. Senza aver paura di mettere in discussione Giorgio Napolitano.

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