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23/08/2013

Francia e Usa si preparano ad intervenire in Siria

Il solito schema della guerra in Libia e in Iraq, allora per spodestare Gheddafi e Saddam. Visto che “i ribelli” non riescono a vincere la guerra civile da soli, nonostante i generosi e pubblici aiuti dell'Occidente e delle petromonarchie del Golfo, ecco che la Nato si prepara ad attaccare la Siria in prima persona.

Come sempre, il “casus belli” viene frettolosamente trovato nell'uso di “armi di distruzione di massa” da parte del regime che si vuole attaccare. Tanto, dopo la guerra, chi si ricorderà mai che erano tutte invenzioni della propaganda spacciata per “libera informazione”?

Solo per gli immemori, che sono tanti, anche e sopratutto “a sinistra” (un ridotto senza molte idee che sembra a volte diventato il vero rifugio dell'ignoranza e della smemoratezza). Ricordate il generale Powell sventolare un boccetta con del materiale biancastro nell'assemblea dell'Onu? Quella era – o semplicemente doveva sembrare – la prova regina che Saddam stava usando armi chimiche proibite contro la propria popolazione. Queste armi non vennero trovate neanche dopo l'invasione dell'Iraq e l'uccisione di Saddam, ma non fa niente. Tanto la “legittimità” di un intervento militare sta solo nella forza di chi vuole attaccare, da che mondo è mondo. E le “democrazie occidentali” non fanno eccezione. Hanno solo affinato le tecniche di comunicazione dell'”innovatore” Goebbels.

Ora Francia e Stati Uniti hanno deciso di “intervenire”, e la “notizia” sull'uso di gas letali da parte dell'esercito di Assad è stata consegnata a tute le redazioni perché venga diffusa universalmente senza farsi più domande. Nonostante che l'ultima inchiesta dell'Onu, condotta peraltro dal fedele esecutore del “processo Milosevic”, Carla Del Ponte, abbia dato un risultato davvero sorprendente: le armi chimiche in Siria vengono davvero usate, ma dai “ribelli” legati ad Al Qaeda e foraggiati dall'Occidente. Fa niente, si va avanti contando sul silenzio-assenso di opinioni pubbliche senza alcuna opinione.

 E quindi, recitano le agenzie.

Attacchi aerei su obiettivi legati al regime siriano o sulle linee di comunicazione dell'esercito come reti e sistemi di rifornimento usati in attacchi con armi chimiche: sono queste le opzioni attualmente al vaglio del Pentagono nel caso in cui fosse confermato che le truppe del presidente Bashar al Assad hanno usato gas nervino in un sobborgo di Damasco, causando centinaia di morti. Tuttavia, scrive oggi il Wall Street Journal, citando un alto funzionario americano, un eventuale intervento dell'esercito americano, attraverso un attacco aereo, non avrebbe come obiettivo la deposizione di Assad, ma quello di dissuadere l'esercito del presidente siriano dall'usare armi chimiche contro i ribelli e i civili. Il Pentagono sarebbe quindi impegnato ad aggiornare i possibili obiettivi di raid aerei, qualora il presidente Barack Obama decidesse di intervenire una volta confermato il ricorso all'uso di armi chimiche.

A Damasco sono arrivati gli ispettori dell'Onu per verificare tutto quello che sta succedendo e ora iniziano ad arrivare anche le prime dure prese di posizione dalla comunità internazionale. Ma la Francia ha già deciso come stanno le cose e quindi a favore di chi intervenire. Il ministro degli Esteri Laurent Fabius, intercettato dai cronisti dell'emittente televisiva Bfm-tv sottolinea con decisione che, "se fossero confermate le notizie di uso di armi chimiche da parte del regime di Damasco, dovrebbe esserci una forte reazione da parte della Comunità Internazionale. Questa è la posizione della Francia, anche se tutt'ora si ritiene impossibile dispiegare truppe sul terreno".

Esattamente un anno fa Obama aveva dichiarato che l'uso di armi chimiche sarebbe stato considerato la "linea rossa" oltre la quale ci sarebbe stata la risposta americana. Lo scorso giugno, ottenute le prime prove dell'uso di armi chimiche in maniera limitata, la Casa Bianca aveva annunciato il suo sostegno all'opposizione siriana. E ora il presidente ha incaricato l'intelligence di decifrare meglio l'attuale situazione, così da poter determinare quali sono le effettive esigenze in Siria. Inoltre, il generale Martin Dempsey ha ribadito a Obama e al Congresso i rischi connessi alla creazione di un'eventuale no-fly zone a tutela degli oppositori di Assad e dei rifugiati, essendo lo spazio aereo siriano protetto da sistemi avanzati di contraerea forniti dalla Russia. Un'eventuale attacco americano quindi potrebbe essere effettuato con armi impiegabili a distanza di sicurezza dal nemico. Il National Security Council della Casa Bianca, tramite la portavoce Bernadette Meehan, ha dichiarato: "Una volta accertati i fatti, il presidente prenderà una decisione consapevole su come rispondere. Abbiamo una serie di opzioni disponibili e agiremo molto cautamente così che le decisioni prese siano compatibili con l'interesse nazionale e con ciò che pensiamo permetta di perseguire i nostri obiettivi in Siria".

Il dado è tratto. E, come dice il "nostro" ministro della difesa per giustificare le costosissime "missioni all'estero", fare la guerra "non è una spesa, è un investimento". Qualcuno dovrebbe dargli un premio alla sincerità involontaria, oltre che una lettera di licenziamento.

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