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29/07/2013

NSA, liberi di spiare

di Mario Lombardo

Un emendamento alla legge sullo stanziamento di fondi per il Pentagono che avrebbe parzialmente ristretto le facoltà di intercettare le comunicazioni elettroniche da parte dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale (NSA) è stato prevedibilmente respinto questa settimana dalla Camera dei Rappresentanti americana. L’esito del voto è stato in parte determinato da pressioni senza precedenti esercitate dall’amministrazione Obama sui membri del Congresso di entrambi gli schieramenti, anche se un’eventuale approvazione dell’emendamento “anti-NSA” avrebbe lasciato intatta la maggior parte dei programmi illegali condotti clandestinamente in tutto il pianeta.

La modifica al pacchetto che contiene i nuovi finanziamenti per il Dipartimento della Difesa era stata presentata dal deputato repubblicano del Michigan di tendenze libertarie e vicino ai Tea Party, Justin Amash. L’emendamento era co-sponsorizzato dal democratico “progressista” John Conyers, anch’egli del Michigan, in una sorta di alleanza tra l’estrema destra e la sinistra teorica della Camera dei Rappresentanti, unite nell’esprimere una qualche critica ai metodi dell’NSA.

La proposta di Amash avrebbe di fatto impedito all’NSA di intercettare indiscriminatamente i cittadini americani, privando l’agenzia con sede a Fort Meade, nel Maryland, dei fondi necessari per condurre questo genere di operazioni. L’NSA avrebbe dunque potuto raccogliere i cosiddetti “metadati” solo in presenza di indagini criminali ai danni di singoli individui.

In risposta alla profonda avversione diffusa nel paese verso le clamorose e sistematiche violazioni della privacy e dei diritti costituzionali svelate dall’ex contractor dell’NSA, Edward Snowden, molti deputati hanno sostenuto l’emendamento, comunque sconfitto per 217 voti a 205. Il voto ha di fatto spaccato i due partiti, con 94 repubblicani e 111 democratici che hanno votato a favore, contravvenendo alle indicazioni dei rispettivi leader.

Nei giorni precedenti l’appuntamento alla Camera, l’amministrazione Obama si era mobilitata per assicurare la sconfitta dell’emendamento. Un’eventuale approvazione, in ogni caso, non avrebbe significato l’introduzione automatica dei limiti previsti per l’NSA, visto che su di essi avrebbe dovuto esprimersi anche il Senato e, alla fine, lo stesso presidente avrebbe avuto facoltà di porre il veto. Una bocciatura ufficiale di uno dei programmi illegali dell’NSA da parte di un ramo del Congresso avrebbe però costituito un grave motivo di imbarazzo per la Casa Bianca, soprattutto dopo l’incessante campagna orchestrata per difendere quello che viene definito come uno strumento fondamentale per garantire la “sicurezza nazionale”.

Alla vigilia del voto, così, il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, aveva letto un comunicato ufficiale per esprimere la contrarietà dell’amministrazione democratica “allo sforzo in corso alla Camera per smantellare frettolosamente uno degli strumenti dell’anti-terrorismo a disposizione della nostra comunità di intelligence”.

Nella giornata di martedì, addirittura, il direttore dell’NSA, generale Keith Alexander, aveva presieduto un incontro a porte chiuse a dir poco straordinario con i membri della Camera, ai quali sono stati presentati documenti riservati sulla presunta efficacia del programma in questione, così da convincerli della necessità di mantenerlo in vita.

Mercoledì, infine, nel giorno stesso del voto alla Camera, una manciata di ex membri dell’apparato della sicurezza nazionale americana ha indirizzato una lettera aperta ai deputati in difesa dei programmi illegali dell’NSA. La mobilitazione dei vertici attuali e passati del governo, delle forze armate e dell’intelligence è stata dunque senza precedenti, in modo da impedire anche solo una lievissima minaccia a quelli che vengono considerati dalla classe dirigente d’oltreoceano come strumenti fondamentali non tanto per la lotta al terrorismo, quanto per il monitoraggio e controllo di qualsiasi forma di dissenso interno.

Particolarmente imbarazzante è apparsa poi la difesa dei programmi dell’NSA da parte dei loro sostenitori a Washington, impegnati a proclamare la necessità di preservarli perché necessari alla “guerra al terrore”, proprio mentre gli Stati Uniti stanno per procedere con la fornitura di armi ai “ribelli” in Siria, tra i quali prevalgono formazioni fondamentaliste legate ad Al-Qaeda.

Le rivelazioni di Snowden, oltretutto, hanno ulteriormente smentito la pretesa di un’NSA intenta a violare la legge per difendere il paese dalla minaccia terroristica, visto che le intercettazioni autorizzate dal governo non solo riguardano in maniera indiscriminata centinaia di milioni di persone sulle quali non esistono sospetti, ma sono messe in atto anche nei territori di paesi alleati degli Stati Uniti, come Francia o Germania.

Se il voto in aula di mercoledì a Washington è il frutto di reali inquietudini diffuse tra un certo numero di membri del Congresso circa la deliberata violazione dei diritti costituzionali di cui è responsabile l’NSA, l’emendamento Amash che ha unito repubblicani libertari tradizionalmente diffidenti verso qualsiasi ampliamento dei poteri del governo federale e democratici “progressisti” è sembrato essere soprattutto l’esito di un calcolo politico studiato a tavolino.

Una parte della classe politica americana, cioè, ha avuto in questo modo la possibilità di mostrare in maniera innocua la propria relativa opposizione a programmi di sorveglianza che la maggioranza degli americani ritiene illegittimi nonostante la campagna in loro difesa orchestrata dal governo e da molti media ufficiali.

Un sondaggio pubblicato proprio mercoledì da CBS News ha infatti mostrato come il 67% degli americani consideri la raccolta delle informazioni telefoniche da parte del governo come una chiara violazione della privacy. Un’altra indagine condotta dal Marist College di New York per l’agenzia di stampa McClatchy ha rilevato invece come il 56% degli americani ritenga che il governo sia andato troppo in là nel monitoraggio di dati personali, mentre il 76% vorrebbe regole più rigorose per la protezione della privacy.

L’emendamento introdotto da Justin Amash e John Conyers, in sostanza, ha avuto il via libera dalla leadership repubblicana solo una volta appurata la certezza di una sconfitta in aula. La ricostruzione del processo che ha portato al voto di mercoledì è stata fatta dal sito web Politico, il quale lo ha definito un modo per consentire ad alcuni deputati repubblicani e democratici di “manifestare la propria rabbia” o, meglio, per presentarsi all’opinione pubblica come difensori dei diritti costituzionali.

L’articolo pubblicato giovedì ha così raccontato come i vertici repubblicani alla Camera - lo speaker John Boehner, il leader di maggioranza Eric Cantor e il suo vice Kevin McCarthy - dopo avere determinato “privatamente” che la minaccia del collega Amash al programma di intercettazione dell’NSA era “vuota”, hanno incaricato i loro staff di aiutare quest’ultimo nella stesura dell’emendamento, pur essendo fermamente contrari al suo contenuto.

Questa decisione è stata presa dopo che i tre leader hanno ascoltato le lamentele dei deputati repubblicani circa i programmi dell’NSA e in risposta alle richieste di trovare una modalità per manifestare la loro disapprovazione, senza tuttavia minacciare seriamente la prosecuzione delle attività illegali dell’agenzia governativa.

In definitiva, nonostante qualche voce critica proveniente dal Congresso, la deriva autoritaria negli Stati Uniti - compreso l’ampliamento dei poteri assegnati all’NSA - è avvenuta in questi anni con la piena consapevolezza, se non la collaborazione, dei membri di Camera e Senato. Alcuni di quelli che hanno votato a favore dell’emendamento Amash mercoledì, d’altra parte, avevano dato in precedenza la propria approvazione a leggi in odore di fascismo come il Patriot Act.

Nell’esprimere i propri dubbi circa gli eccessi dell’NSA e dell’amministrazione Obama, essi sottolineano immancabilmente la necessità di garantire all’apparato della sicurezza nazionale gli strumenti necessari per combattere la “guerra al terrore”, limitando così quasi sempre le loro critiche all’eccessiva segretezza con cui agisce il governo e lanciando appelli soltanto a rendere più trasparenti programmi di sorveglianza e di controllo del dissenso palesemente illegali.

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