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24/07/2013

Grecia, la Troika peggio di Serse

di Carlo Musilli

Se i nemici giurati del popolo greco fossero ordinati in una classifica, a questo punto la Troika sarebbe davanti anche agli eserciti persiani dei re Dario e Serse. Forse era proprio questo primato l'obiettivo di Ue, Bce e Fmi, perché ad Atene e dintorni sono in pochi a vedere il nesso fra la mattanza sociale evidentissima e il presunto salvataggio. L'ultimo colpo del macellaio-creditore è arrivato ieri, quando il Parlamento greco ha approvato di misura (153 voti favorevoli su 300) la riforma della pubblica amministrazione tanto invocata da Bruxelles.

La legge prevede la nascita di una società in cui saranno trasferiti 25 mila lavoratori, che si cercherà di ricollocare nei prossimi otto mesi, periodo durante il quale le persone coinvolte avranno lo stipendio ridotto al 75%. Quattromila dipendenti pubblici, per lo più poliziotti locali e insegnanti, perderanno subito il lavoro. E non saranno certo gli ultimi, visto che il governo ellenico si è impegnato a tagliare entro il 2015 ben 150 mila posti pubblici.

Il colpo di machete è l'ennesima condizione posta dai creditori internazionali per continuare a pagare il debito pubblico greco. In particolare, nei prossimi mesi dovrebbe arrivare ad Atene una tranche di aiuti da 6,8 miliardi, di cui 2,5 a fine luglio. Soldi con i quali potremo continuare a fingere che prima o poi il Paese sarà in grado di tornare a finanziarsi autonomamente sul mercato. Una prospettiva quanto mai onirica, anche perché due giorni fa Bruxelles ha annunciato che l'anno prossimo, alla fine del programma di aiuti, nei conti ellenici potrebbe rimanere un buco finanziario compreso tra i 2,8 e i 4,6 miliardi di euro. Un'altra stima interna alla Commissione europea parla di 4,9 miliardi. Notare la precisione dei calcoli.

Intanto, la rabbia popolare continua a crescere. Mentre il Parlamento si produceva nell'ennesimo voto suicida dopo giorni di manifestazioni e scioperi, nelle strade della capitale ellenica sono andate in scena nuove proteste organizzate da migliaia di docenti, agenti della polizia municipale e altri dipendenti pubblici. Ma non li hanno ascoltati. La riforma è stata varata dai due partiti al potere, i conservatori di Nea Dimokratia e i socialisti del Pasok (gli stessi che negli anni passati hanno truccato i bilanci, gettando le basi per la successiva catastrofe). Nelle scorse settimane proprio la riforma della pubblica amministrazione aveva provocato la fuoriuscita dalla maggioranza di Dimar, la sinistra democratica.

Il premier Samaras, dopo il voto, ha provato a rivendicare un risultato positivo ottenuto nelle trattative con la Troika, ovvero la riduzione dell’Iva sui ristoranti e i prodotti di ristorazione dal 23 al 13%. Il provvedimento potrebbe aiutare il turismo, ma è davvero poco per far dimenticare la sequela di umiliazioni subite in silenzio dal governo. A riportare giustamente l'attenzione sul diluvio di licenziamenti che getterà sul lastrico migliaia di famiglie ci ha pensato Alexis Tsipras, il leader della sinistra radicale, che ha parlato di "sacrificio umano", definendo il progetto "un disastro".

Ai greci non rimane quindi che scendere in piazza per esprimere quantomeno il proprio dissenso. "Una polemica di dignità", per dirla con il poeta. Almeno questo sarà concesso, giusto? Sbagliato.
Ieri nel centro di Atene sono state vietate le manifestazioni per evitare scontri in occasione della vista del ministro tedesco delle Finanze. Il rigorosissimo Wolfgang Schaeuble - che si fa notare anche per il tempismo delle sue apparizioni - si è naturalmente sperticato in lodi per la nuova riforma, sottolineando che il settore pubblico greco era eccessivamente ampio per risultare sostenibile.

"Se nel 2014 la Grecia avrà rispettato i propri impegni e se avrà ottenuto un avanzo di bilancio primario - ha aggiunto Schaeuble -, allora si apriranno le trattative per un eventuale nuovo taglio del debito, ma anche per nuovi aiuti economici. Come concordato, siamo pronti a discutere ulteriori misure alla fine del programma attuale. Ora però dobbiamo fare tutto quello che è necessario".

Il dramma vissuto dalla gente comune, come sempre, viene liquidato con frasi concessive. Qualcosa del tipo "non si può fare altrimenti, anche se sarà difficile dal punto di vista sociale". Poche ore prima la stessa Commissione europea aveva certificato che in Grecia una famiglia su cinque vive sotto la soglia di povertà. Ma sono statistiche che non interessano a nessuno, nemmeno ai persiani.

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