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25/06/2013

Siria: Bonino, Quirico e il Nulla

Una svolta nella guerra alla Siria? Si direbbe proprio di si. E, sbaragliate le bande dei “ribelli”, addirittura, il regime di Assad ricomincia a trovare credito sui media mainstream, (si vedano, ad esempio, questo davvero inconsueto servizio de La Stampa o della Reuters) e in non poche cancellerie occidentali.

I motivi di questo ripensamento sono molti.

Intanto la tenuta del regime di Assad, anzi l’appoggio pressoché plebiscitario della popolazione siriana (il 75%, secondo un recente sondaggio commissionato dalla CIA, che, tra l’altro, dovrebbe garantirgli un trionfo alle prossime elezioni siriane del 2014) che non vuole fare la fine della popolazione libica o irachena. Un consenso, tra l’altro, che ha garantito la coesione delle Forze Armate siriane (320.000 soldati di leva) nonostante due anni di guerra e di pressanti inviti alla diserzione (lautamente ricompensata).

Il secondo motivo è da ricercare nell’operato dei cosiddetti “ribelli” (in realtà, nella stragrande maggioranza, mercenari al soldo della NATO e delle petromonarchie del Golfo) che, macchiandosi di crimini, quali decapitazioni e uccisioni di civili inermi, hanno finito per scompaginare la coalizione che fa capo all’Esercito  libero siriano. E lo stesso fanatismo islamico che anima gran parte dei “ribelli” (tra i quali – a meno che non fosse stato un agente dei Servizi sotto copertura – ha perso la vita anche il genovese Giuliano Ibrahim Delnevo) sta cominciando a suscitare non poche preoccupazioni tra l’opinione pubblica occidentale che teme di ritrovarsi, come l’America con Bin Laden, un’altra serpe in seno.

Last but non least, vi sono motivi militari. Il fermo “niet” della Russia ad una qualsiasi no fly zone in Siria ha impedito non solo i conseguenti bombardamenti NATO e l’invasione, già visti in Libia, ma ha privato i “ribelli” di una qualsiasi copertura aerea. E il tentativo di Israele di bypassare il problema, con i suoi bombardamenti “mirati” alla frontiera Siria-Libano di un mese fa, è rientrato, sia per la credibile rappresaglia missilistica annunciata dalla Siria, sia perché l’intervento israeliano ha compromesso il tentativo di coalizzare anche i Palestinesi nella guerra alla Siria.

Si direbbe, quindi, che la maggior parte delle cancellerie occidentali vada verso un ripensamento sulla “guerra per procura” che stanno conducendo da due anni alla Siria. Anche l’Italia? Anche la Bonino? Si e no. E così, mentre il PD resta ancorato alla sciaguratissima richiesta di una no fly zone invocata dall’ineffabile parlamentare Khalid Chaouki, la Bonino (che il Cinque Stelle ha rischiato di eleggere come Presidente della Repubblica) si arrabatta come può promettendo, tanto per dirne una, “aiuti, ma non armi ai ribelli”.

Una posizione surreale, come quella nei riguardi del rapimento del giornalista de “La Stampa” Domenico Quirico, dal 9 aprile sequestrato in Siria da una delle tante bande di “ribelli” filo NATO. L’obbiettivo di questo sequestro, così come fu per quello dei quattro giornalisti RAI, è certamente un riscatto: denaro o armi (antiaereo e anticarro). Ma anche per Quirico, mentre i nostri Servizi certamente stanno trattando, o, forse, già inviando armi ai “ribelli” come fu per la Libia, l’unica risposta ufficiale della Farnesina è la richiesta di un “silenzio stampa”. E guai a parlare di “sequestro”: ne andrebbe il “buon nome” dei “ribelli” che il nostro Paese sta aiutando. Del resto, già i quattro giornalisti RAI – rapiti il 3 aprile e rilasciati il 14 – secondo la vulgata governativa erano stati non già “sequestrati” ma semplicemente ”fermati” da qualcuno che voleva solo “accertarsi del contenuto delle loro videocamere”. Undici giorni: neanche bisognasse visionare la cineteca della RAI. Per Quirico, da due mesi nelle mani dei sequestratori, esaurite le panzane da raccontare, invece, non sanno più che dire. Nulla. Neanche una parola dalla Farnesina, impantanata nel “Gruppo dei Paesi Amici della Siria”. E nulla neanche dai partiti e dai principali organi di stampa, solitamente pronti ad invocare crociate in “difesa” degli Italiani all’estero (qualunque cosa essi abbiano fatto). Nulla. Per fare credere che la guerra che il nostro Paese sta combattendo da due anni contro la Siria non sia mai esistita.

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