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20/06/2013

Il G8 irraggiungibile. Una testimonianza dall'Irlanda del Nord

I potenti, per vedersi, scelgono ormai posti fuori della portata dei comuni mortali. Una scelta che seleziona a monte le possibili contestazioni, smontandone la portata politica. I limiti delle tattiche altermondialiste del primo decennio del secolo.

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Sono le ora 16 di lunedì 17 giugno. Siamo in auto sulla strada che da Belfast porta ad Enniskillen, località prescelta per i meeting del G8. Dopo le innumerevoli auto della polizia che abbiamo trovato sui cavalcavia lungo il percorso, “finalmente” incontriamo il primo posto di blocco. Sappiamo che ci fermeranno. Ci consultiamo: dire o non dire qual è la nostra meta? Abbiamo qualche chance di essere credibili se decidiamo di mentire? La risposta è no: in auto siamo in 5, tutti tra i 25 e i 30 anni, 4 sono ragazze (2 basche di cui una con padre turco – che sarà certamente un terrorista visti gli avvenimenti delle ultime settimane in Turchia!!!, una di vicino Salamanca ed io, italiana); il ragazzo è catalano. Un gruppetto che visto così lascia poco spazio all’immaginazione: una perfetta delegazione straniera, che tra indipendentismo basco (persino la targa dell’auto porta la sigla dei Paesi Baschi, EH) e catalano (il quale fa tour politici dei murales di Belfast insieme ad ex-prigionieri repubblicani) pone le premesse per un fermo motivato dalla “lotta al terrorismo”.

Invece con nostra grande sorpresa – quasi disappunto – dopo qualche domanda sulle ragioni del nostro viaggio (per la cronaca, abbiamo detto la verità), un’occhiata più che superficiale al bagagliaio (c’erano due borsoni – di cui uno contenente una mazza per giocare a football gaelico e un passamontagna – che non sono stati neanche aperti), qualche battuta non velatamente maschilista ("4 good-looking protesters", 4 manifestanti di bell’aspetto), il poliziotto ci ha augurato una buona giornata ed una manifestazione pacifica. E noi che pensavamo che non ci avrebbero lasciati arrivare in città...

Il corteo è iniziato tra le 18,30 e le 19 per dar modo agli autobus provenienti da diverse zone d’Irlanda (ed Irlanda del Nord) di arrivare. Abbiamo marciato per circa 5 miglia (più o meno 8 km) – osservati e fotografati da gente del posto che sembrava non aver mai visto così “tante” persone tutte insieme (non più di 1500 manifestanti, a fronte di una popolazione di 15000 abitanti) – fino a raggiungere la zona del Lough Erne resort (in cui alloggiavano i “Grandi 8”), dove era stato allestito il palco, oltre il quale non era possibile proseguire. Si sono susseguiti alcuni interventi, le tematiche più “gettonate” sono state l’opposizione alle politiche neo-liberiste, al fracking, ai tagli al welfare e all’enorme investimento in sicurezza (circa 60 milioni di sterline, equivalenti a 70 milioni di euro). Dopodiché qualcuno dei manifestanti ha superato una recinzione (che sembrava finta, quasi di plastica) e cantato qualche slogan, per poi tornare indietro senza troppo rumore.

Alcune osservazioni, forse banali. È stato il G8 meno partecipato – in termini di manifestanti – che la storia ricordi. A differenza di ciò che sostiene la polizia, che se ne assume tutto il “merito” ("there were people that wanted to come here and violently protest. The fact that they didn't has been due to the policing", c’erano persone che volevano venire qui e protestare in forma violenta. Il fatto che non siano venute è dovuto alla sorveglianza), ciò è dovuto principalmente alla scelta – a mio avviso non casuale – di far svolgere il G8 in un luogo che fosse il più isolato e difficilmente raggiungibile possibile. Ciononostante, l’investimento sul piano della sicurezza (60 milioni di sterline spesi per: 4300 uomini delle forze dell’ordine, “prigioni” allestite ad hoc, drones, etc.) e del “rinnovamento d’immagine” della contea (foto 1 e 2) è stato imponente. C’è dunque da chiedersi se il rischio “terrorismo”, di cui si è sentito parlare per settimane e che avrebbe motivato l’enorme dispiegamento di forze dell’ordine (di cui, guarda caso, neanche uno in tenuta anti-sommossa), non sia stato – come e più del solito – un espediente per instaurare tensione e soggezione nella popolazione nord-irlandese, ancora scossa dai Troubles. Non a caso, più di una persona ha avvicinato i miei amici e me – mentre prendevamo un caffè prima ancora che il corteo cominciasse – per sottolineare che, benché ciascuno abbia diritto a manifestare il proprio dissenso, nessuno di loro voleva – ed avrebbe tollerato – episodi di violenza: "we had enough violence here in Northern Ireland" (abbiamo avuto abbastanza violenza qui in Irlanda del Nord).

Allora mi domando – aldilà di scelte politiche di dubbia utilità da parte dei manifestanti (tra cui quella d'organizzare un corteo anti-G8 a Belfast due giorni prima del big event di Enniskillen) – quali fossero gli obiettivi dell’amministrazione britannica quando ha deciso come si sarebbero dovuti svolgere i meeting del G8. Ne posso immaginare 3:

- scegliere un luogo difficile da raggiungere, in modo tale da evitare almeno la presenza delle delegazioni straniere;

- usare il G8 come vetrina – nel senso letterario del termine, visti gli sticker sui negozi – per gli investitori stranieri in Irlanda del Nord (tuttora fanalino di coda tra i Paesi della Gran Bretagna);

- creare soggezione nella popolazione locale, magari per creare “pacificazione” sociale e comunitaria soprattutto alla luce dei momenti di tensione che si sono avuti a Belfast a partire dallo scorso dicembre, per la questione della bandiera britannica.

Dal canto loro, ciò che avevamo in mente noi manifestanti sembra più chiaro: la lotta alle politiche capitalistiche e all’austerity – che prevede forti tagli al welfare ma allo stesso tempo consente una spesa enorme in sicurezza e misure anti terrorismo per lo stesso G8 – ed una forte opposizione all’utilizzo della tecnica del fracking (tematica che sembra stare molto a cuore in alcune zone d’Irlanda).

Il punto è: siamo stati efficaci, almeno quanto il governo di Londra, nel tentativo di conseguire i nostri obiettivi? Se ci limitiamo a considerare i numeri (non più di 3500 persone tra la manifestazione di Belfast e quella di Enniskillen – anche se probabilmente eravamo gli stessi ad entrambe), probabilmente la risposta è no. L’auspicio è che, per quanto riguarda la creazione di una maggiore coscienza politica ed unità nella lotta quantomeno a livello locale, questo G8 porti i suoi frutti nel breve-medio periodo.


Foto 1: adesivi su vetrine di negozi abbandonati per simularne la normale attività



Foto 2: uno dei cartelloni “divertenti”, utilizzati per dare il benvenuto ai “Grandi 8”



Foto 3: manifestazione di sabato 15 giugno a Belfast – nell’ambito della settimana di iniziative anti-G8 – c’era una quantità di poliziotti nell’ordine di uno per manifestante (circa 2000).

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