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22/04/2013

Pd, la tragedia di un partito ridicolo

Definire il Pd un partito ridicolo è, in termini retorici, una sineddoche. Significa porre l'accento sull'aggettivo (ridicolo) piuttosto che sull'oggetto (il partito) per descrivere il partito nel suo complesso. Ma è anche vero che il Pd, dalla sua fondazione, ha fatto veramente di tutto per rappresentarsi come ridicolo.
Dalle cerimonie fondative a pacchiana imitazione di uno senso della scenografia che vive altrove, Veltroni al Lingotto, alle primarie su Sky concepite come un clone sedato di X-Factor. E si sa, a parte i gridolini dei giornalisti di Repubblica (pagati per lanciare prodotti inguardabili), un così vertiginosamente ridicolo senso dell'estetica rivela immediatamente un oggetto politico instabile e informe.

E qui facciamola breve: si tratta di un oggetto instabile e informe perchè, oltre alle carenze strutturali presenti dalla fondazione (mancanza di un sapere adeguato alla complessità del presente, un'organizzazione veloce, capillare), si è strutturato secondo esigenze completamente differenti tra loro. Esigenze che non sono inconciliabili a causa delle subculture politiche fondative, ex pci assieme ad ex dc, visto che queste avevano già ampiamente interiorizzato quella riduzione della politica all'immediato presente, e alla banalità comunicativa, che è prerequisito per la presenza di quote di rappresentanza elettorale nelle istituzioni. Piuttosto questa inconciliabilità di fondo tra esigenze diverse, che ha spaccato il Pd nell'ora politicamente più seria ad appena sei anni dalla fondazione, sta tra la necessità di rappresentare, da una parte, le esigenze di una parte del lavoro, di una porzione significativa di richiesta di diritti e di welfare mentre dall'altra si è un ceto politico bulimico di potere e affari che, per mantenere la propria rendita di posizione, si è venduto agli agenti di quel dispositivo disastroso di governance che si chiama eurozona.

Anche in termini di stretta esigenza capitalistica il Pd è un assurdo. Da una parte chiede di rappresentare la piccola, piccolissima e media impresa, per non dire delle partite iva, dall'altra è il partito della stretta al credito, a meno che Mussari all'Abi non ce l'avessero messo i marziani, del patto di stabilità che deprime l'economia e della paralisi degli investimenti pubblici. E su quest'ultimo punto, basta seguire il comportamento del Pd quando era al governo con Monti e tutto il dibattito della stampa, dei blog e dei media specializzati degli ultimi dodici mesi.

Poi c'è stato chi ha dato grande rilievo, da sinistra, al ruolo di Fassina nel Pd ma di fronte ai fenomeni di credulità popolare, si sa, si è impotenti. Che un partito così agitato da esigenze contraddittorie, che si vuole giovane ma è persino ingessato nel linguaggio dei suoi giovani, dovesse esplodere era qualcosa che stava nel novero delle possibilità. E' accaduto nel momento più delicato della vita istituzionale degli ultimi decenni e anche questo depone a sfavore dello spessore fondativo del Pd.

Ma perché il PD è esploso, frammentandosi in diversi tronconi e perdendo segretario e presidente in 24 ore, nelle due prime giornate di elezione del presidente della repubblica?
Anche qui fa bene esporre i fatti in estrema, brutale sintesi. Il Pd, partito che ha venduto l'anima alle esigenze peggiori della governance dell'eurozona, doveva (e, se rimane in vita, deve) eleggere un "custode" della costituzione compatibile con la metabolizzazione del fiscal compact, del pareggio in bilancio messo in costituzione (un processo di regressione economica a firma Pd) e con il recepimento del two pack (in sostanza il potere dell'eurozona di porre il veto ai bilanci nazionali). Un vero e proprio liquidatore della costituzione reale messa all'incanto sui mitici mercati internazionali. Il primo candidato proposto da Bersani, ovvero Marini, garantiva queste esigenze in accordo con il Pdl sostanzialmente rappresentante il pacchetto di voti di un mondo televisivo (Berlusconi) minacciato da problemi giudiziari e dalla crisi del mercato. E' saltato tutto, con tanto di occupazioni delle sedi del Pd da parte degli stessi militanti del partito, proprio perchè questo accordo umiliava chi ha dato il grosso dei voti al Pd per tutelare lavoro e welfare e contro Berlusconi. Certo, ci si può domandare su quale galassia vivessero gli elettori e i militanti Pd mentre il loro partito governava con Berlusconi, garantendo i voti per Monti, ma le dinamiche di psicologia sociale hanno una propria misterica autonomia.

Fallito, con perdite, il lancio della candidatura di Marini si è passati a quello della candidatura di Prodi. Inversione nelle alleanze interne, rottura con il Pdl (magari sanabile in futuro), ma stessa logica sul piano europeo: Prodi, già commissario Ue, garantiva verso l'eurozona sostanzialmente gli stessi processi garantiti da Marini. Magari con maggior capacità di trattare un qualche sforamento del deficit annuale di cui l'Italia ha bisogno e che invece, da quel che si legge, l'eurozona potrebbe concedere solo alla Francia (creditrice forte dell'Italia, che rischia di sacrificarsi sia per Berlino che per Parigi). La candidatura Prodi è esplosa in modo più devastante rispetto a quella Marini. Perchè non ha dato una chiara indicazione al Pd per il futuro. La liquidazione della candidatura Marini, a modo suo, sembrava dare un segnale al Pd: "no all'accordo con Berlusconi". La liquefazione di Prodi non dà nemmeno quella, visto che Prodi perde voti sia da destra che da sinistra persino, al netto delle dietrologie, in termini strettamente numerici.

In 36 ore il Pd si è quindi bruciato, in ordine cronologico, per la rielezione del presidente della repubblica:
a) la strada per le larghe intese
b) quella dell'egemonia del centrosinistra
c) la credibilità come king maker, visto che ha proposto candidati votati, in giorni differenti, da tutti i partiti di centrodestra e di centrosinistra meno che dal Pd
d) la catena di comando formale visto che segretario e presidente si sono dimessi.

E' chiaro che qualcosa di nuovo dovrà accadere, che prima o poi un presidente verrà eletto. Ma uno schema simile di sbandamento può riproporsi in caso di tentativo di formazione di un nuovo governo. Con il Pd dilaniato dall'ipotesi di soluzioni differenti. E' la tragedia di un partito ridicolo, costruito da un marketing politico di bassa qualità, senza alcuna infrastruttura di scienza della politica che lo sostenga, aggregando ceti politici famelici, giocando sul mito della sinistra (facendo politica di destra) e rappresentando interessi tra loro divaricanti. Ora questa divaricazione fa sentire il suo peso. In modo forse fatale.

redazione

20 aprile 2013

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