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29/04/2013

La revolucion bonita di Hugo Chavez al bivio: svolta radicale, o inizio della fine?

Dopo gli articolo che abbiamo ospitato nei giorni scorsi, una prima analisi del voto di Francesco Gattiglio e la testimonianza dal Venezuela, vi proponiamo una nuova puntata del nostro “Speciela Venezuela”, con un articolo dell’amico Angelo Zaccaria, autore del libro “La revolucion bonita: viaggio a tappe nel venezuela di hugo chavez”, che già in passato abbiamo ospitato sul nostro sito e che ringraziamo per l’ennesimo interessante contributo. Buona lettura!

Il 14 aprile si son svolte le elezioni presidenziali in venezuela, circa 40 giorni dopo la morte del presidente hugo chavez. I risultati sono noti, ma e’ utile riepilogarli. il candidato chavista Nicolas Maduro ha prevalso di stretta misura con  7.575.506 voti  (50,78%). il candidato anti-chavista Henrique Capriles Radonski ha perso per poco con 7.302.641 voti (48,95%). altri candidati han totalizzato meno di 40.000 voti. Gli aventi diritto al voto erano 18.904.364, i voti scrutinati son stati 14.983.748, con una partecipazione al voto del  79,78 %. (fonte: Cne, Consejo nacional electoral del venezuela). Si tratta dei peggiori risultati per il campo chavista, in una elezione presidenziale, da quando chavez vinse per la prima volta le elezioni del 6 dicembre 1998.

Subito dopo la dichiarazione ufficiale dei risultati, il candidato sconfitto Capriles  ha gridato ai brogli, disconosciuto i risultati, chiesto il riconteggio manuale di tutti i voti, chiamato i suoi sostenitori alla mobilitazione “a difesa del voto”. a seguito di cio’, nella giornata del 15 aprile si son scatenate nel paese una serie di squadracce anti-chaviste, che han messo in atto violenze gravissime, le quali hanno lasciato un saldo provvisorio di 8 morti e oltre 60 feriti. Son stati assediati, assaltati o incendiati edifici del governo, sedi del psuv (principale partito chavista), strutture sanitarie “colpevoli” di essere gestite dai medici cubani, zone di edilizia residenziale pubblica, case private di singoli dirigenti o sostenitori del chavismo etc….

Non meno grave il silenzio di Capriles Radonski, il quale solo nel tardo pomeriggio del 16 aprile convoca una conferenza stampa, per invitare i suoi a non lasciarsi trascinare dalla emotivita’ e ad agire secondo ragione, cita ghandi e dice che chi pratica la violenza e’ fuori dal suo progetto di opposizione democrática al chavismo. Un modo per, da un lato riconoscere che le violenze ci son state e provenivano dal suo campo, e dall’altro scaricarsi da ogni responsabilita’ política ed anche personale.

Nei fatti il supremo  vértice anti-chavista ha oggettivamente avallato e coperto, se non anche promosso, per tutta una prima fase, queste gravi violenze, con il probabile obiettivo di creare caos,  e spostare a suo favore alcuni dei fattori di potere in campo, sia interni al venezuela come l’esercito, sia esterni come le grandi potenze regionali latinoamericane.

All’orizzonte la mai sopita tentazione, per le destre di questa parte del mondo, del colpo di stato, magari del XXI secolo, cioe’ democrático, a fin di bene,  umanitario, equo e solidale. Una ultima nota sulla biografia política di Capriles Radonski, il quale ha tentato di catturare una parte del voto degli scontenti del chavismo, con una campagna elettorale dove si e’ presentato come un progressista, fautore della conciliazione nazionale e del dialogo fra venezuelani, simpatizzante acceso dell’ex presidente brasiliano lula.

Le origini politiche di destra di Capriles sono inequivocabili: nato nel 1972, avvocato, rampollo della grande borghesia venezuelana attiva nel settore della comunicazione, dell’intrattenimento e della speculazione immobiliare, fonda nel 2000 il partito primero justicia, su posizioni fieramente neo-liberiste e su questo in polémica coi vecchi partiti socialdemocratici e socialcristiani. Fra i fondatori anche alcuni suoi amici (come Leopoldo Lopez), del gruppo di estrema destra “tradicion, familia y propiedad”, del quale alcune fonti dicono abbia anche lui stesso fatto parte. Inoltre egli si distinse durante il golpe dell’aprile 2002 per aver  partecipato alla caccia all’uomo contro i dirigenti  chavisti, ed al criminale assedio dell’ambasciata cubana, fatto per il quale fu poi incarcerato per 4 mesi (fonte: www.aporrea.org).

Quindi piu’ che un progressista direi che siamo di fronte ad un trasformista, o tuttalpiu’ ad un populista di destra.
Detto tutto questo, e ribadito che non vi e’ nulla di piu’ importante dell’assassinio di 8 persone e il ferimento di 60 ad opera delle squadracce antichaviste, il secondo dato politico cruciale di questi giorni e’ un altro.

Come ho detto sopra quelli del 14 aprile sono storicamente i peggiori risultati ottenuti dal campo bolivariano in elezioni di questo tipo. Nel dicembre del 2006 Chavez vinse le elezioni presidenziali contro Manuel Rosales, per oltre tre milioni di voti. Appena nell’ottobre 2012 Chavez seppure malato sconfigge Capriles per circa 1.600.000 voti. Ora Nicolas Maduro prevale per appena 273.000 voti. Il tutto oltretutto in presenza di un aumento cospicuo e constante della partecipazione al voto, prodotto delle politiche positive attuale dal chavismo per promuovere inclusione e partecipazione política ed elettorale nel paese. Solo fra le elezioni presidenziali del 2006 e quelle del 2012, assistiamo ad un aumento di oltre tre milioni dei partecipanti  al voto.

Da sincero amico della revolucion bonita venezuelana, mi permetto queste osservazioni finali.

La trágica morte di Chavez ha accentuato ulteriormente una tendenza elettorale gia’ in atto da alcuni anni e con Chavez vivente: l’opposizione di destra e’ cresciuta costantemente e ad un ritmo molto piu’ veloce del blocco ad essa  avverso, il chavismo si vede ridotto  il divario di consenso a suo vantaggio. In altri termini, nell’ottobre 2012 i nuovi votanti votano in prevalenza per capriles, e nelle ultime elezioni  mi pare che si assista anche ad una miscela di aumento di astensione nel chavismo e a un  travaso di voti dal chavismo al campo avverso. Infatti da ottobre 2012 con ancora candidato Chavez, ad aprile 2013 con candidato Maduro, il chavismo perde oltre 600.000 voti, mentre Capriles ne prende oltre 700.000 in piu’.

Nel paese, inclusi ampi settori popolari, e’ cresciuto il malcontento per i troppi problemi rimasti ancora irrisolti: inefficienza di rilevanti settori dello stato e dei servizi pubblici, sprechi, black out elettrici, corruzione pubblica, favoritismi, scarsita’ di beni di prima necessita’, inflazione  elevata, insicurezza a e criminalita’ etc. Dopo oltre 14 anni al potere, al chavismo non e’ bastato ricordare le molte conquiste e progressi attuati in campo  sociale, gli indubbi progressi fatti rispetto ai governi criminali ed affamatori della IV repubblica, cosi’ come non e’ bastato il richiamo al pure molto amato Hugo Chavez, o addirittura i ripetuti richiami di Maduro all’esser lui “el hijo de Chavez”.

Era proprio Chavez infatti, che col suo straordinario carisma e amore popolare che riusciva a suscitare, tamponava ed in parte limitava l’impatto negativo di questo malcontento. Una volta venuto meno lui, la pentola si e´un tantino scoperchiata.

Al chavismo non e’ stato nemmeno sufficiente denunciare come ad alcuni dei gravi problemi  citati, come inflazione, criminalita’ e scarsita’ di beni, contribuiscano con attive campagne di destabilizzazione e boicottaggio, i nemici interni ed esterni della revolución bolivariana.

Su questa valutazione mi pare se ne sia imposta un altra: mai nessuna “rivoluzione” ha goduto di tante risorse finanziarie come quella venezuelana, una paese dalle immense risorse naturali, che estrae tre milioni di barili di petrolio al giorno, dove gira tanto denaro e in parte rilevante controllato dallo Stato. Le lacune ed i limiti delle politiche del potere quindi, appaiono giustificabili ma sino ad un certo punto. Cruciale pertanto la percezione diffusa in alcuni settori sociali, che parte di questo fiume di denaro sia stato sperperato a causa di disorganizzazione ed inefficienza, o incamerato indebitamente da una parte della classe dirigente chavista. Questo infatti logora o appanna in parte  quel presunto primato ético e morale, che tradizionalmente rappresenta uno dei principali punti di forza dei movimenti rivoluzionari o di cambiamento.

A questo aggiungasi che, nonostante gli sforzi compiuti in prima persona anzitutto dal grande pedagogo popolare e formatore político Hugo Chavez, una parte della popolazione e’ tuttora affascinata dai miti del consumismo, o da quello della possibilita’ di arricchirsi individualmente grazie alla propia bravura, o mancanza di scrupoli, o entrambi.

Ora che accadrà?

Francamente non lo so. Penso pero’ di poter dire che in assenza di una seria correzione di rotta, queste elezioni del 14 aprile rischiano di segnare l’inizio della fine del processo bolivariano. Una fine che potrebbe gia’ avere una data segnata: il 2016. Anno nel quale terminata la prima parte del mandato presidenziale di Nicolas Maduro, l’opposizone secondo quanto stabilito dalla Costituzione, potrebbe promuovere il referéndum revocatorio del presidente della repubblica.

Il governo ed in primis Nicolas Maduro, son molto ben coscienti della serieta’ della situazione, ed hanno gia’ annunciato la formazione di una sorta di “governo itinerante di strada”, per meglio monitorare a partire dai territorio i problemi del paese, le istanze della gente,  e attuare le necessarie correzioni. Tutto positivo, ma va ricordato che anche dopo altre elezioni, in quel caso vinte pero’ con ben piu’ largo margine, Chavez aveva annunciato in pompa magna  vaste revisioni, e “guerra a morte contro la corruzione e la contro-rivoluzione burocratica”. Ma stavolta lo scenario e´decisamente piu’ preoccupante per il prossimo futuro del chavismo, e quindi suppongo che qualche sforzo in piu’ da parte del governo ci sara’.

Credo anche che lo spazio per l’ala piu’ radicale e rivoluzionaria del processo bolivariano, di certo non e’ destinato fácilmente e crescere. quell’approfondimento del processo che non é´stato fatto nei momenti di maggior forza del bolivarismo e con chavez vivo, non sara’ facile che arrivi ora, nel momento di massima forza e consenso a favore del campo avverso. Tuttalpiu’ e senza una forte pressione dal basso, verranno attuate politiche all’insegna della razionalizzazione e dell’efficienza, dello sviluppismo economico, o della lotta contro sprechi e corruzione.

Ma se ci sta una grossa speranza per il futuro,  questa risiede anche nella energia, nella passione, nel coraggio, nella generosita’, nella forza che hanno i movimenti popolari e di base venezuelani che hanno appoggiato e creduto nella revolucion bonita, e l’hanno difesa nei momenti peggiori momenti nei quali, è bene ricordare, le donne hanno da sempre avuto un ruolo importantissimo.

Il futuro della revolucion bonita dipenderà anche se non soprattutto da come giocherà questo ultimo fattore!

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