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18/04/2013

Che succede in Vaticano? Le prime decisioni di Papa Francesco

Passato il primissimo momento, in cui il nuovo Papa si è presentato al Mondo con una serie di gesti simbolici, siamo arrivati al momento delle prime decisioni concrete. E mi sembra che ce ne siano due da segnalare, mentre si infittiscono i segnali di altre scelte assai prossime. Le due decisioni prese riguardano:

1. la nomina del Segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica che è andata al Ministro Generale dell’Ordine Francescano dei Frati Minori, José Rodríguez Carballo, che è stato elevato alla dignità di Arcivescovo

2. la nomina di un consiglio di otto cardinali che avranno il compito di assisterlo in particolare nella riforma del sistema di governo della Chiesa.

I “sussurri”, invece, riguardano la possibilità di sciogliere lo Ior e la decisione di rimuovere Bertone già prima dell’estate, senza aspettare, come si era detto, il 3 dicembre, quando il cardinale compirà 79 anni e l’avvicendamento potrebbe sembrare più “naturale”.

Sulle “voci” torneremo dopo, per ora parliamo delle scelte concrete. Gli otto cardinali sono: l’italiano Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato vaticano, Francisco Javier Errázuriz Ossa, arcivescovo emerito di Santiago del Cile ed ex presidente del Consiglio Episcopale Latino Americano, Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay, Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, il cappuccino Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston, George Pell, arcivescovo di Sidney. Il coordinamento è affidato all’honduregno Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, salesiano e arcivescovo di Tegucigalpa, che è stato uno dei grandi elettori di Bergoglio un mese fa.

Trattandosi di un organismo consultivo, provvisorio, non elettivo,  che si riunirà poche volte non è la riforma collegiale della Chiesa che molti auspicano, ma è certamente un passo evidente e molto deciso in questa direzione. Se ci passate l’espressione (che vale solo come metafora) si tratta di una sorta di “Ufficio politico” o, se preferite, “Unità di crisi” riunita intorno al capo con compiti straordinari e che, evidentemente, lascerà il posto ad altri organismi innovativi. Magari, se le cose andassero in un certo modo, dopo, con un pizzico di umorismo, potremmo anche ricordarlo come la “giunta rivoluzionaria provvisoria” di Papa Francesco. Quello che, per ora, si capisce è che Benedetto XVI ci aveva provato a riformare la Curia, insediando una commissione (di cui faceva parte lo stesso Reinhard Marx che figura in questa) ma non ci era riuscito ed alla fine si è dimesso; adesso Bergoglio riparte, ma rendendosi conto delle resistenze che deve superare e di quanto sia difficile la battaglia, si premunisce dotandosi di un collegio di forte peso politico. Una sorta di “contropotere” rispetto alla Curia.

In primo luogo, la scelta rappresentativa per aree geografiche rappresenta un’esplicita ripresa del grande progetto universalista di Wojtila ed archivia l’eurocentrismo ratzingeriano: i cardinali europei sono due sul totale, il doppio di quelli degli altri continenti, ma lo stesso numero dell’America Latina che, per di più, ha anche il coordinatore del gruppo. Insomma, l’Europa è importante, ma non può pensare di contare da sola. Quanto all’Italia: sarebbe stato impensabile che non ci fosse alcun italiano nel gruppo, ma è significativo che Bertello non ci sia in quanto “rappresentante” dell’Europa (qualità che è invece attribuita a Marx), ma in quanto governatore della città del Vaticano.

Questo significa che, pur essendo il paese che ospita la Santa Sede, l’Italia non è più il centro delle preoccupazioni del Papa. Ne prendano diligente nota gli uomini della Curia, che, nell’Europa in generale e nell’Italia in particolare, hanno la loro roccaforte. E questo fa pensare che il “primato europeo” dei settanta cardinali su 117 sia destinato ad essere decisamente ridimensionato.

Nel collegio degli otto c’è solo un uomo di Curia (Bertello) ed uno (Marx che ha avuto una frequentazione non occasionale di essa), per il resto si tratta di vescovi residenziali. Il che è naturale se si pensa al criterio della rappresentatività geografica, ma questo non avrebbe impedito al Papa di aggiungerci un altro paio di “curiali” come contrappeso; quello che, significativamente, non ha fatto, proprio per rimarcare che la riforma della Curia non è affare della Curia, ma di tutta la Chiesa e la Curia deve entrare nell’ordine di idee che non è più la suprema autorità.

Nell’equilibrio fra il polo “monarchico” (il Papa), quello “aristocratico” (la Curia) e quello “democratico” (l’episcopato) si sta andando – come il Conclave aveva profilato – da un’ intesa fra il primo ed il terzo contro il secondo.

E’ interessante anche l’esame della composizione del gruppo dal punto di vista del tipo di provenienza ecclesiale: la maggioranza (Bertello,  Gracias, Marx, Monsengwo Pasinya, Pell) sono sacerdoti secolari, mentre tre vengono da ordini regolari (Errázuriz Ossa, Madariaga, O’Malley). Fra i “regolari” nomi c’è nessun gesuita (sarebbe stato di cattivo gusto essendoci già il Papa), al massimo c’è Gracias che si è laureato alla Gregoriana e, pertanto, può essere considerato un “amico” della Compagnia. Invece ci sono un salesiano (Madariaga) ed un francescano (O’Malley), il che ha un suo senso molto preciso: salesiani e francescani sono, con i gesuiti, i tre ordini più potenti e numerosi della Chiesa. La presenza di Madariaga valorizzato come coordinatore, nel momento in cui si sta licenziando il salesiano Bertone, è un ponte gettato verso l’ordine di Don Bosco che non deve temere ripercussioni di questo, anzi… (questo lascia intendere che il Papa farà qualcosa per aiutare i salesiani a venir fuori dai pasticci finanziari in cui si sono improvvidamente cacciati su consiglio di Bertone).

Ancora più netto il segnale ai francescani con la nomina di O’Malley che si aggiunge a quella di Carballo alla congregazione per gli ordini religiosi (prima e, sinora, unica nomina di Curia). Peraltro O’ Malley è stato docente di letteratura spagnola e portoghese, il che fa pensare ad una sua vicinanza culturale all’episcopato sud americano, che può aver avuto qualche ruolo in Conclave. Dunque, una esplicita intesa non solo con l’episcopato, ma anche con i maggiori ordini religiosi, che, in qualche modo, completa l’assedio alla Curia.

Infine, se i nomi di O’Malley e Madariaga possono essere graditi ai settori “progressisti” della Chiesa, quello di Pell parla al cuore dei tradizionalisti, trattandosi di uno dei pochi vescovi che ha celebrato messa con rito tridentino dopo la Summorum Pontificum. Insomma, anche qui, si cerca di tenere tutti dentro senza regalare alleati alla controparte.

Quel che conferma pienamente quale fine cervello politico sia questo Papa (avercene uno così fra i nostri “politici”!). E le “voci” su Bertone e lo Ior non fanno che confermare che in Vaticano si sta preparando uno scontro di potere senza precedenti che avrà il suo culmine sulla questione dello Ior che non è così facile da smantellare come tanti pensano.

Insieme al cambio della guardia in Cina, alla rielezione di Obama e Putin ed alla grandinata di elezioni nel Mondo (Francia, Italia, Germania, Venezuela, Giappone ecc.) questo sarà uno dei grandi fatti epocali di questo biennio che cambierà la mappa politica del Mondo.

Speriamo in meglio…

Aldo Giannuli

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