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04/03/2013

Rivoluzione Civile: facciamo i conti

Mi dispiace molto per Antonio Ingroia, di cui ho stima, anche se non capisco quale medico gli abbia ordinato di mettersi alla testa di un esperimento così sconclusionato, rischiando un’ immagine costruita in decine di anni di lavoro. Mi spiace per ottime persone come Maurizio Torrealta o Ilaria Cucchi, che si sono fatte infinocchiare e sono andate a fare la copertura ad una operazione trasformistica come questa. Mi spiace soprattutto per le migliaia di compagni di base di Rifondazione Comunista (unica base realmente esistente di questo accrocco di sigle), che credono ancora in una battaglia contro il capitalismo e che si battono a mani nude nei loro posti di lavoro e nei loro circoli territoriali. Solo per rispetto di queste persone, ho evitato di dire in campagna elettorale quello che penso di Rivoluzione Civile: mi sarei sentito come uno che spara alle spalle di compagni ed amici. Ma ora la campagna è finita e possiamo fare i conti con calma.

Questa è stata una delle più indecenti operazioni opportunistiche cui abbia mai assistito: un’accozzaglia di politicanti da strapazzo (Ferrero in primo luogo, poi Di Pietro, poi Diliberto con il relativo seguito di Grassi, Zipponi, Mascia, Palermi, ecc ecc.) era alla disperata ricerca di una conferma parlamentare, ma sapeva di non avere alcuna speranza di farcela presentandosi con le proprie facce in prima fila. Allora hanno cercato di camuffarsi all’interno di qualcosa che sembrasse nuovo, all’ombra di un nome rispettabile e con una pattuglia di testimonial per bene, tanto poi, con il meccanismo delle liste preconfezionate, al riparo dal temutissimo voto di preferenza, riesce lo stesso di sistermarcisi.

Beninteso: prima si fanno fuori quelli di Alba, la parte vera di Cambiare si può ecc. (tutti pericolosi concorrenti: qui i posti, bene che vada, saranno solo una ventina…). Ingroia, che di suo dovrebbe fare il magistrato, perché la politica non è mestiere suo, si fa imbrogliare ed il Gatto la Volpe e la Faina, fanno le liste come più gli piace, mettendo insieme una porcheria mai vista: a Milano le primarie hanno scelto Agnoletto? “E chi se ne frega?! Levalo e mettici Di Pietro”. Poi un po’ di ex dell’Idv compresi 5 ex democristiani e un ex missino, più un paio di inquisiti, un sostenitore del condono edilizio e qualche valente uomo d’affari. Ci si mette anche Ingroia a rendere il pastone del tutto impresentabile e ci aggiunge Giardullo, il “sindacalista poliziotto” che si è opposto all’istituzione del reato di tortura ed al segno di riconoscimento personale per gli agenti della Celere.

Al posto della Cucchi, più che andarci in lista insieme, gli avrei cavato gli occhi.

L’esperimento è last minute, con un simbolo ed una sigla nuova che, come insegnano le precedenti esperienze di Nuova Sinistra Unita e della Sinistra Arcobaleno, di solito falliscono sempre. “Pazienza, questo passa il convento. Se va, va altrimenti pace”.

E il programma? “Programma? Quale programma? Qui l’unico programma è svoltare la pagnotta”. D’altra parte un accrocco del genere, con ex democristiani e fascisti, con sbirri ed imputati, messo su in fretta e furia, che linea politica poteva trovare? Giusto tre fregnacce in croce con l’esilarante trovata di sostituire l’Imu con il recupero dei capitali di Mafia (e, se non è chiaro perché si tratti di una cazzata col botto, ditemelo che vi spiego il perché).

Ingroia si è lamentato di essere stato “oscurato” dai mass media, ma dovrebbe ringraziare Iddio, perché se avesse avuto più spazio in Tv e sui giornali si sarebbe visto in pieno che Rc non aveva nulla da dire. Perché, diciamolo chiaro, non solo i promotori di Rc non si sono preoccupati di elaborare una proposta politica anche minima, ma non hanno neppure fatto finta di avercela. E, soprattutto, era evidente che, in caso di successo, ognuno sarebbe andato per la sua strada alla ricerca di posizionamenti più confortevoli.

Ma, insomma, signori, veramente credevate che il 4% degli italiani avrebbe abboccato ad un imbroglio così scoperto e malfatto? Questo fallimento viene da 5 anni di ozi di Capua, durante i quali Rifondazione e i Comunisti Italiani hanno macinato decine di milioni di euro per mantenere un’armata di parassiti-funzionari, il cui lavoro era ciondolare per le rispettive sedi e fare qualche telefonata in attesa dell’ora del pranzo. Non si è visto un grammo di iniziativa politica, i circoli sono stati abbandonati a sé stessi, non c’è stato un minimo di analisi della crisi ed una conseguente proposta per quanto elementare. In compenso fiumi di soldi sono stati spesi per un giornale illeggibile al cui confronto “Novella 2000” è il “New York Times”. Ora si lamentano di Grillo, ma Grillo è uno che da 7 anni sta lavorando come un rullo compressore: chi impediva a Rifondazione o alla Federazione della Sinistra di fare un blog come si deve come strumento di penetrazione? Avete mai visto il blog di Rifondazione? No? Andate a vederlo e ditemi se non sembra una via di mezzo fra il bollettino parrocchiale di Sant’Antonio e il “Courier de Pyongyang”, organo del Partito del Lavoro della Nord Corea, con tanto di culto del Segretario del Partito.

Ferrero si è dimostrato un totale zero politico, Diliberto si è prodotto in una andata e ritorno verso e dal Pd da lasciare tutti senza fiato, Salvi è solo andato. Quanto a Di Pietro le critiche sono altre – a parte quelle di ordine sintattico grammaticale che lo accomunano a Ferrero – e sono storie di figli, di appartamenti e di finanziamenti di partito. Meglio stendere un velo pietoso.

Ora è arrivato il conto: una batosta meritatissima che, speriamo, ci tolga definitivamente dai piedi Ferrero, Grassi, Diliberto, Di Pietro, Mascia, Palermi ecc. Che spariscano e, nel caso interrogati, rispondano solo per dire “Mi vergogno di esistere”.

Io, però, me la prendo con i militanti di base, soprattutto di Rifondazione, che nel 2008, anziché occupare la sede nazionale e ruzzolare dalle scale tutti i dirigenti a portata di mano (e, possibilmente, dopo avergli gonfiato la faccia a schiaffoni) hanno accettato di rieleggere tutti al massimo vertice (salvo poi dividersi). Quando un gruppo dirigente incassa una sconfitta di quelle proporzioni e la base non insorge con la massima violenza possibile, vuol dire che quel partito è morto. E infatti..

Ma adesso cosa possono fare i militanti di Rifondazione che ancora ci sono e che proprio pochi non sono? In primo luogo cacciare dal partito tutti i dirigenti per indegnità politica: quando un dirigente si rende conto di non farcela e non sente il dovere di farsi da parte, ma resta, per tentare sino all’ultimo di rimediare un posto in Parlamento e risolvere i suoi personalissimi problemi di reddito, vuol dire che è una persona molto più disonesta del peggiore tangentista. E, come tale, va espulsa per indegnità politica. Solo dopo aver fatto questo doveroso atto di pulizia, credo che si possa prendere in considerazione una confluenza in Sel (che è quello che, più male che bene, resta ancora in piedi della sinistra) per dar vita ad un minimo di aggregazione da cui ripartire.

In margine ad una polemica di questi giorni: il candidato cancelliere della socialdemocrazia tedesca Steinbrueck ha detto che le elezioni italiane hanno fatto vincere due clown. Può darsi, quello che è sicuro è che i socialdemocratici tedeschi hanno scelto come proprio candidato un cretino. Fossi in loro ci ripenserei: si comincia così e si finisce come la sinistra italiana.

Aldo Giannuli

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