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14/01/2013

France a la guerre

Mali, Hollade: “Intervenuti per sostenere le unità maliane contro il terrorismo”

Dura meno di due minuti la dichiarazione del presidente francese che ha spiegato di aver risposto alla "richiesta di aiuto" del suo omologo. Neanche due anni dopo l’attacco alle postazioni militari di Gheddafi la Francia è di nuovo in azione sul continente africano. Anche se con meno clamore e dispiego di mezzi. Rafforzate le misure anti terrorismo

"Ho risposto, in nome della Francia, alla richiesta d’aiuto del presidente del Mali. Le forze armate francesi sono intervenute oggi pomeriggio per sostenere le unità maliane nella lotta contro i terroristi“. Dura meno di due minuti la dichiarazione televisiva di François Hollande che, nella serata di venerdì 11 gennaio, annuncia l’appoggio dell’Eliseo alla difesa dell’integrità nazionale dell’ex colonia, da aprile 2012 sotto il ricatto dei miliziani salafiti che hanno occupato le tre regioni del Nord. In mattinata, il presidente francese aveva dichiarato che era in gioco l’esistenza stessa del Mali (oltre a quella di 6 mila cittadini francesi residenti nel paese saheliano). 

Neanche due anni dopo l’attacco alle postazioni militari di Gheddafi – 19 marzo 2011- la Francia è di nuovo in azione sul continente africano. Con meno clamore e dispiego di mezzi per il momento, ma con la determinazione che è finora mancata, invece, al governo maliano dopo il golpe del 22 marzo scorso che ha portato alla caduta dell’ex capo di stato Amadou Toumani Touré.

I gruppi islamisti Aqmi, Mujao, Ansar Dine (che controllano rispettivamente le tre regioni di Timbuctu, Gao e Kidal) hanno voluto giocare d’anticipo prevenendo il dispiego delle forze internazionali autorizzato dalla risoluzione 2085 (20 dicembre 2012) del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Nella notte fra mercoledì e giovedì oltre un centinaio di pick-up con 1200 uomini armati entrano nella cittadina di Konna, 40 mila abitanti, superando l’immaginaria linea di confine fra nord e sud del paese. Obiettivo: raggiungere Mopti, importante capitale regionale nel cuore del Mali a 600 chilometri da Bamako, e il vicino centro di Sevaré, dove c’è l’aeroporto e il quartiere generale dello scalcinato esercito maliano. Con un’azione rapida e coordinata i miliziani mettono in fuga le truppe governative che ripiegano su Sevaré. Al grido di Allah Akbar, nel pomeriggio di giovedì 10 gennaio, Konna, 60 chilometri da Mopti, è in mano ai guerriglieri salafiti: la porta d’ingresso verso la conquista del sud è a portata di mano. Al precipitare della situazione, il presidente maliano Dioncounda Traoré chiama al soccorso François Hollande e sollecita il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon.

La Francia non si fa trovare impreparata. Può contare sulle sue basi in Senegal, Gabon, Ciad, da cui far partire i Mirages 2000D e F1CR. Mentre dal Burkina Faso, riferisce Radio France International, sono pronti ad alzarsi in volo gli elicotteri Cougar e Caracal; dal Niger i droni Harfang. Il pronto intervento dell’aviazione francese permette la riconquista, la sera di venerdì 11, dell’abitato di Konna. Il presidente della Cedeao (Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale), l’ivoriano Alassane Ouattara, autorizza l’invio immediato di truppe in Mali, il contingente di 3.300 uomini di cui si parla da mesi e che ha ottenuto il via libera dall’Onu. Fra i primi a rispondere all’appello, la Nigeria, il Burkina e il Niger hanno annunciato che invieranno 500 militari ciascuno. Thomas Boni Yayi, presidente dell’Unione africana e del Benin, plaude l’intervento francese. Che piace al ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle, l’omologo britannico William Hague esprime il suo gradimento con un tweet. Mentre la Casa Bianca s’impegna a fornire droni di avvistamento e supporto logistico.
Ma l’operazione francese è tutt’altro che risolutiva: l’azione delle armi non deve far cessare le iniziative di dialogo. Purtroppo la mediazione di Blaise Campaoré, presidente del Burkina, e i colloqui fra rappresentanti del governo di Bamako e l’Mnla (i tuareg indipendentisti poi soppiantati da Aqmi e soci) si sono rivelate inconcludenti. Iyad Ag Ghaly, leader di Ansar Dine, tuareg convertitosi all’integralismo salafita, ha lasciato il 4 gennaio il tavolo dei negoziati di Ouagadougou per attaccare pochi giorni dopo Konna. Il rischio di creare nel nord del Mali un “Sahelistan” non è così remoto. Intanto in Francia le misure anti terrorismo del piano “Vigipirate” sono state rafforzate.

Mali, sostegno Usa alla Francia. La Jihad minaccia: “Vi colpiremo al cuore”

"Una lotta implacabile contro i gruppi terroristici. Che continuerà fino a quando non avremo raggiunto i nostri obiettivi di fermare l’offensiva jihadista e di garantire l’integrità del paese". A dirlo è Jean-Yves Le Drian, ministro francese della Difesa. Gli islamisti del Mujao negli ultimi mesi non hanno risparmiato agli abitanti lapidazioni, amputazioni

"Una lotta implacabile contro i gruppi terroristici. Che continuerà fino a quando non avremo raggiunto i nostri obiettivi di fermare l’offensiva jihadista e di garantire l’integrità del paese”. È quanto Jean-Yves Le Drian, ministro francese della Difesa, ha promesso illustrando l’operazione Serval (Gattopardo della savana) che da venerdì 11 gennaio vede la Francia di nuovo impegnata sul territorio africano per impedire che i miliziani di Aqmi, Mujao e Ansar Dine (da aprile 2012 hanno occupato il nord del Mali instaurando la sharia) sfondino verso sud arrivando alla capitale Bamako.

Una guerra in cui la Francia non è sola. Gli Stati Uniti forniscono“un supporto tecnico limitato” alle forze francesi fornendo sostegno logistico, rifornimenti agli aerei e soprattutto informazioni rilevate dai velivoli da ricognizione. David Cameron ha assicurato l’appoggio britannico inviando due grandi cargo C-17 per trasportare materiale da Parigi al fronte sahariano. Serviranno anche a trasferire a Sevaré, base dell’esercito maliano, i contingenti messi a disposizione dai paesi della Cedeao (Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale). Niger, Burkina Faso, Togo e Senegal hanno annunciato l’invio di 500 militari ciascuno; il Benin ne invierà 300 e la Nigeria 600. In totale 2.000 uomini dei 3.300 messi a disposizione per l’operazione Misma (Missione internazionale di sostegno al Mali) autorizzata il 20 dicembre scorso dalla risoluzione Onu 2085. Al comando del contingente dei paesi africani ci saranno il nigeriano Shehu Abdulkadir e il nigerino Yayé Garba. L’Algeria infine ha consentito agli aerei da combattimento francesi di sorvolare il proprio territorio.

Quattro bombardieri Rafale, decollati dalla Francia, hanno colpito domenica 13 gennaio una decina di obiettivi sensibili nella zona di Gao: gli islamisti del Mujao – negli ultimi mesi non hanno risparmiato agli abitanti lapidazioni, amputazioni d’arti, fustigazioni in pubblico – hanno dovuto abbandonare l’aeroporto e i locali hanno assaltato il commissariato di polizia. Depositi d’armi, infrastrutture e campi di addestramento sono stati gli obiettivi dei Mirage francesi che hanno attaccato Léré, nella regione di Timbuctu, e Aghabo, 50 chilometri da Kidal, importante base dei guerriglieri di Ansar Dine che da mesi controllano la regione.

Lunedì 14 i bombardieri hanno attaccato la zona di Diabaly, nel centro del Mali a 400 chilometri dalla capitale. Il mattino dei combattenti di Aqmi hanno assalito la città, che è nella parte del paese controllata dalle autorità maliane. Sono arrivati dalla frontiera con la Mauritania – a dimostrazione di quanto sia radicata la presenza dei salafiti nella zona sub sahariana. A dirigerli è Abou Zeid, uno dei capi di Al Qaeda nel Maghreb islamico. Mentre i raid aerei proseguono, nella capitale Bamako – dove da venerdì sera il presidente Dioncounda Traoré ha dichiarato lo stato di emergenza - sono arrivati 400 militari francesi, una parte vi resterà per assicurare i 6 mila connazionali residenti nella ex colonia. Il Mujao, Movimento per l’unicità della jihad nell’Africa occidentale, ha minacciato di colpire al cuore la Francia “dappertutto: a Bamako, in Africa, in Francia” ha dichiarato all’agenzia Afp Abou Dardar, responsabile del movimento, che ha anche ricordato gli otto ostaggi francesi prigionieri dei terroristi islamici. Le prime giornate di combattimenti hanno fatto registrare oltre un centinaio di vittime, fra i primi a cadere il luogotenente Damien Boiteux, comandante di un elicottero Gazelle.

François Hollande può contare sul sostegno della maggioranza dei suoi concittadini, ma una voce critica si è alzata, quella dell’ex ministro della Difesa Dominique de Villepin (nel 2003 contrario alla guerra in Irak). In un editoriale sul Journal du Dimanche ha ricordando che solo un processo politico può portare la pace in Mali: “Queste guerre non hanno mai permesso di venire a capo delle infiltrazioni terroristiche. Al contrario, legittimano i movimenti più radicali”. Come è successo in Iraq, Afghanistan, Libia. A una soluzione politica sta lavorando Romano Prodi, inviato speciale nel Sahel delle Nazioni Unite.

Fonte

La spirale di destabilizzazione mondiale inaugurata dalla guerra al terrore di Bush jr. è destinata, di questo passo, a non trovare mai fine.
Da notare che tutti i paesi coinvolti nell'ennesima operazione anti terrorismo hanno in casa notevoli beghe finanziarie che al solito non toccano mai il comparto "difesa".

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