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11/11/2012

Grecia-Germania: chi deve a chi? Creditori protetti, popolo greco sacrificato

Diventa un obbligo morale insorgere contro i discorsi menzogneri a proposito della pretesa solidarietà di cui darebbero prova i governanti dei paesi più forti nell’Eurozona nei confronti del popolo greco e di altri paesi fiaccati (Irlanda, Portogallo, Spagna…). I fatti contraddicono i loro buoni propositi messi in evidenza costantemente dai mezzi di informazione dominanti.

Diamo inizio ad una piccola verifica pratica. Connettetevi ad Internet e richiedete “La Grecia ha beneficiato” ad un motore di ricerca. Potrete constatare come i media ripetano il mantra secondo cui questo paese sarebbe stato oggetto di aiuti consistenti.
Ad esempio, Hans-Werner Sinn (1), uno degli economisti più influenti in Germania, consigliere del governo di Angela Merkel, non esita ad affermare. “La Grecia ha beneficiato di aiuti esterni pari a 460 miliardi di euro attraverso diverse disposizioni e tratte di credito. Quindi, l’aiuto fin qui fornito alla Grecia rappresenta l’equivalente pari al 214 % del suo PIL, vale a dire dieci volte di più di quello che ha beneficiato la Germania grazie al piano Marshall. Berlino ha fornito quasi un quarto degli aiuti procurati alla Grecia, circa 115 miliardi di euro, e questo ammontare rappresenta per lo meno dieci piani Marshall, o due volte e mezza un Accordo di Londra.” (2)

Tutti questi calcoli sono falsi. La Grecia non ha assolutamente ricevuto un ammontare di finanziamenti di tali dimensioni e quello che ha ricevuto non può essere considerato seriamente come aiuto. In maniera scandalosa, Hans-Werner Sinn pone sullo stesso piano la Germania alla fine della Seconda guerra mondiale, che d’altronde i dirigenti nazisti avevano provocato, e la Grecia degli anni 2000. Inoltre, Sinn imbroglia sorvolando sui rimborsi reclamati giustamente dalla Grecia alla Germania a seguito dei danni subiti durante l’occupazione nazista (3), per non parlare del prestito forzoso che la Germania nazista aveva imposto alla Grecia.
Il debito della Germania nei confronti della Grecia ammonta a dir poco a 100 miliardi di euro. Come viene riportato sul sito A l’encontre” sulla base dei lavori di Karl Heinz Roth, storico del saccheggio dell’Europa perpetrato dalla Germania nazista occupante (4) : “La Germania ha pagato alla Grecia solo la sessantesima parte (vale a dire l’1,67%) di ciò che doveva come riparazioni per le devastazioni durante l’occupazione nazista fra il 1941 e il 1944.”
Una serie di validi argomenti possono e devono essere avanzati per dimostrare la disonestà intellettuale delle dichiarazioni di Hans-Werner Sinn, dei governanti tedeschi e dei mezzi di informazione al loro servizio.
Quello che seguirà non vale solamente per la Grecia, si potrebbero fare valutazioni per certi versi del tutto confrontabili circa la asserita assistenza apportata ai paesi dell’ex blocco orientale che ora fanno parte dell’Unione europea, al Portogallo, all’Irlanda, alla Spagna…
Ma come si vedrà nella terza parte di questa serie di articoli, le relazioni fra la Germania e la Grecia hanno una storia che merita di essere presa particolarmente in considerazione.

I piani di “aiuto” servono agli interessi delle banche private, non certamente a quelli del popolo greco.
I piani di “aiuto” messi in opera a partire dal maggio 2010 sono serviti prima di tutto per proteggere gli interessi delle banche private dei paesi più forti dell’Eurozona, che avevano aumentato in modo spropositato i loro prestiti tanto al settore privato che ai pubblici poteri greci nel corso degli anni 2000.
I prestiti accordati alla Grecia dalla Troika dopo il 2010 sono serviti a rimborsare le banche private occidentali e a permettere loro di disimpegnarsi, limitando al minimo le loro perdite.
Inoltre, sono serviti a ricapitalizzare le banche private della Grecia, di cui alcune sono solo filiali di banche straniere, francesi soprattutto.

I piani di “aiuto” sono serviti a proteggere gli interessi delle banche private dei paesi più forti dell’Eurozona
Il debito del settore privato greco si è in larga parte sviluppato nel corso degli anni 2000.
Le famiglie, a cui le banche e tutto il settore commerciale privato (grande distribuzione, settore automobilistico, settore immobiliare…) proponevano condizioni allettanti, hanno fatto ricorso ad un indebitamento massiccio, così come le imprese non finanziarie e le banche che potevano prendere a prestito a basso costo (tassi di interesse bassi ed inflazione più alta rispetto ai paesi maggiormente industrializzati dell’Unione europea, come la Germania, la Francia, i paesi del Benelux).
Questo indebitamento privato è stato il motore dell’economia della Grecia.
Il grafico sottostante mostra che l’adesione della Grecia all’Eurozona nel 2001 ha favorito l’ingresso di capitali finanziari, che corrispondono a prestiti o a “investimenti di portafoglio”,
(Non-IDE nel grafico, vale a dire entrate che non corrispondono ad investimenti di lunga durata) mentre ha subito una stagnazione l’investimento a lungo termine (IDE – Investimento diretto all’estero).
 

Fonte: Fondo Monetario Internazionale (5)
 
Data l’enorme liquidità messa a loro disposizione dalle banche centrali nel periodo 2007-2009, le banche dell’occidente europeo (soprattutto le banche tedesche e francesi, ma anche le banche del Belgio, dell’Olanda, quelle britanniche, lussemburghesi, irlandesi…) hanno concesso massicci prestiti alla Grecia (al settore privato e ai pubblici poteri).
Dopo il 2001, l’adesione della Grecia all’euro le ha valso la fiducia dei banchieri, che ritenevano che i grandi paesi europei sarebbero accorsi in loro aiuto in caso di problemi. Non si sono assolutamente preoccupati delle possibilità della Grecia di rimborsare a medio termine i capitali che le erano stati prestati, e avevano considerato che potevano assumersi dei rischi anche abbastanza elevati nei confronti della Grecia. Fino a questo momento, la storia ha dato loro ragione: la Commissione europea e, in particolare, i governi francese e tedesco hanno fornito sostegno ai banchieri privati dell’Europa occidentale senza alcuna remora.
Il grafico sottostante mostra come le banche dei paesi dell’occidente europeo hanno aumentato i loro prestiti alla Grecia una prima volta fra il dicembre 2005 e il marzo 2007 (durante questo periodo, il volume dei prestiti è aumentato del 50%, passando da un po’ meno di 80 miliardi a 120 miliardi di dollari). Nel momento in cui la crisi dei titoli tossici “subprimes” si è abbattuta sugli Stati Uniti, tra il giugno 2007 e l’estate 2008 i prestiti nuovamente sono aumentati (passando da 120 a 160 miliardi di dollari), per mantenersi in seguito su livelli decisamente elevati (sull’intorno dei 120 miliardi di dollari). Questo significa che le banche private dell’Europa occidentale hanno utilizzato il denaro, che avevano ricevuto in prestito in modo massiccio e a bassi tassi di interesse dalla Banca centrale europea e dalla Federal Reserve degli Stati Uniti, per aumentare i loro prestiti a paesi come la Grecia (6). Si intende, i tassi del denaro prestato erano ben più elevati, e quindi queste banche hanno potuto realizzare lucrosi profitti. Ne deriva che gli istituti bancari privati portano una pesantissima parte di responsabilità nell’eccessivo indebitamento della Grecia.
Andamento del volume dei prestiti delle banche dell’europa occidentale nei riguardi della Grecia (in miliardi di dollari)
Fonte : statistiche bancarie consolidate BRI - BIS, “ultimate risk basis” (7)
 
Come mostra il grafico a settori che segue, nel 2008 (e questo vale fino al 2010 incluso), la schiacciante maggioranza del debito greco era detenuto dalle banche europee, a partire da istituti bancari francesi, tedeschi, italiani, belgi, olandesi, lussemburghesi e britannici.

Detentori stranieri (quasi esclusivamente banche e altre società finanziarie) dei titoli del debito greco (fine 2008) (8)
 
I prestiti accordati dai governi dell’Eurozona (direttamente o tramite i Fondi europei di stabilità finanziaria messi in campo a partire dal 2010) mirano in realtà a garantire soprattutto che la Grecia continui a rimborsare le banche dei paesi dell’Europa occidentale ( le banche francesi e tedesche sono le più esposte in Grecia).
In buona sostanza, il denaro prestato alla Grecia ritorna nelle casse delle banche della Germania, della Francia e di altri paesi a titolo di rimborso delle obbligazioni greche che queste banche hanno acquistato in massa fino alla fine del 2009. (9)
Quindi, questo denaro rientra nelle tesorerie dei paesi prestatori, in quelle della Banca Centrale Europea, del Fondo Internazionale Monetario e del Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (vedi più avanti).

I prestiti accordati alla Grecia riportano denaro… fuori dalla Grecia!
I prestiti accordati alla Grecia sotto l’egida e il bastone della Troika sono remunerativi. I differenti paesi che partecipano a questi prestiti guadagnano del denaro.
Quando è stato adottato il primo piano di prestiti di 110 miliardi di euro, Christine Lagarde, allora ministro delle Finanze della Francia (10), faceva osservare pubblicamente che la Francia prestava alla Grecia ad un tasso del 5%, quando lei chiedeva a prestito a tassi nettamente inferiori.
La situazione è talmente scandalosa (un tasso elevato veniva anche applicato nei confronti dell’Irlanda a partire dal novembre 2010 e del Portogallo a partire dal maggio 2011), che i governi prestatori e la Commissione europea hanno deciso nel luglio 2011 che era il caso di ridurre il tasso da esigere dalla Grecia (11). Quale magnanima concessione! Benché questa decisione sia stata messa in pratica, la differenza tra il tasso dei prestiti a cui questi paesi ricorrono per finanziarsi e il tasso che costoro esigono dalla Grecia rimane comunque importante.
A causa delle proteste del governo greco e di fronte al malcontento popolare che si esprime in Grecia attraverso forti mobilitazioni sociali, i paesi prestatori hanno finito per decidere di ristornare alla Grecia una parte degli interessi che ricavano dai crediti accordati ad Atene (12).
Ma attenzione, gli interessi ristornati alla Grecia serviranno a rimborsare il debito!

La crisi dell’Eurozona fa abbassare il costo del debito per la Germania e per gli altri paesi forti
Ma la storia non si ferma qui. I paesi che dominano l’Eurozona traggono profitto dallo stato di sofferenza di quelli della periferia (Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna, i paesi dell’ex blocco dell’Est ora membri dell’Unione europea). L’aggravarsi della crisi dell’Eurozona, dovuta alla politica condotta dai suoi dirigenti e non a causa di fenomeni esterni, determina uno spostamento di capitali dalla Periferia verso il Centro. La Germania, la Francia, i Paesi Bassi, la Finlandia, il Lussemburgo, l’Austria e il Belgio ne beneficiano grazie ad una riduzione molto forte del costo del finanziamento dei loro debiti. L’1 gennaio 2010, prima dello scoppio della crisi greca e dell’Eurozona, la Germania garantiva un tasso di interesse del 3,4% per l’emissione di obbligazioni a 10 anni, mentre il 23 maggio 2012 il tasso a 10 anni passava all’1,4%. Questo corrisponde ad una diminuzione del 60% del costo del finanziamento (13).
Secondo il quotidiano economico francese Les Echos, “un calcolo approssimativo dimostra che i risparmi generati grazie all’abbassamento dei tassi di interesse del costo del finanziamento dopo 3 anni ammontano a 63 miliardi di euro” (14). Somma da proporzionare ai 15 miliardi (sui 110 ripartiti fra i diversi creditori) effettivamente prestati ad interesse dalla Germania alla Grecia fra il maggio 2010 e il dicembre 2011, nel quadro del suo contributo al primo piano di “aiuti” della Troika.
Il totale degli impegni di prestito tedeschi verso la Grecia, se si addizionano le decisioni europee prese fra il 2010 e il 2012, ammonta a 67 miliardi di euro. Ma attenzione, la maggior parte di questa somma non è stata ancora sborsata, mentre i risparmi realizzati secondo il calcolo di Les Echos ammontano già a 63 miliardi di euro.   Abbiamo considerato i tassi a 10 anni e a 6 anni pagati dalla Germania per prendere a prestito. Se prendiamo in esame il tasso a 2 anni, la Germania ha emesso, per esempio, obbligazioni a scadenza 23 maggio 2012 al tasso di interesse nullo. (15)
All’inizio del 2012, la Germania ha preso a prestito a 6 mesi la somma pari a 3,9 miliardi di euro ad un tasso di interesse negativo. A questo proposito, Le Soir scriveva il 23 maggio 2012: “Gli investitori ricevono al termine di questi sei mesi un interesse davvero minimo (0,0112%) rispetto a quello che hanno prestato.” (16)  Se esistesse solo un briciolo di verità in tutte le ondate di menzogne a proposito della Grecia (del Portogallo, della Spagna…), si dovrebbe leggere che la Grecia consente alla Germania e agli altri paesi forti dell’Eurozona di risparmiare somme considerevoli.
L’elenco dei vantaggi acquisiti dalla Germania e dagli altri paesi del Centro Europa deve essere completato dagli elementi che seguono appresso.

Programma di privatizzazioni di cui beneficiano le imprese private dei paesi del Centro Europa
Le politiche di austerità imposte alla Grecia prevedono un vasto programma di privatizzazioni (17),
di cui i grandi gruppi economici, specialmente tedeschi e francesi, potranno trarre profitto, visto che i beni pubblici sono venduti a prezzi da svendita.
Al contrario, in una lunga intervista concessa il 7 aprile 2012 al quotidiano svizzero francofono Le Temps da Costas Mitropoulos, uno dei personaggi incaricati del programma di privatizzazioni in Grecia, così viene citato e commentato questo programma:
“Ad Atene, gli uffici del Fondo ellenico di sviluppo del patrimonio della Repubblica (“Hellenic Republic Asset Development Fund “) sono adiacenti ad un museo consacrato alla storia della capitale greca. Un simbolo, visto che il processo di privatizzazione condotto da una ventina di tecnici, sotto la direzione dell’ex banchiere Costas Mitropoulos, deve cambiare in conclusione la fisionomia della Grecia.
È a questo Fondo, costituito su richiesta dell’Unione europea (UE), che lo Stato greco trasferisce progressivamente le sue proprietà, le concessioni e le partecipazioni che devono trovare acquirenti. Con l’obiettivo, secondo i progetti iniziali della UE, di mettere nel salvadanaio almeno 50 miliardi di euro di introiti, a partire da adesso fino al 2017.”
Costas Mitropoulos, banchiere, che ha espletato le sue attività a Ginevra, sottolinea che “da parte dello Stato greco, il trasferimento delle proprietà sul nostro Fondo ha visto un’accelerazione.”
Ed egli continua. “Il nostro principale messaggio che vogliamo diffondere è che noi non siamo lo Stato greco! Noi rappresentiamo un Fondo indipendente incaricato delle privatizzazioni, a questo momento già proprietario del 3% del territorio della Grecia. Abbiamo ricevuto un mandato di tre anni, e siamo protetti da qualsiasi interferenza politica.” 

Il giornalista de Le Temps insiste: “Lo siete veramente? Le privatizzazioni, in tutto il mondo, sono sempre molto politiche e lo Stato greco, che conserverà la sua presenza nel capitale di numerose società, ha una reputazione non certo brillante…”
La risposta è senza equivoci: “Come banchiere di affari, ho presieduto alle sorti di una delle più importanti fusioni-acquisizioni in Grecia: il riscatto da parte del gruppo internazionale Watson del gruppo farmaceutico ellenico Specifa per quasi 400 milioni di euro. Io conosco le regole: un investitore, per essere attualmente interessato ad una privatizzazione greca, deve poter contare di triplicare o quadruplicare l’impiego di capitale. Un euro investito deve produrne tre o quattro.” (18)

I sacrifici imposti ai lavoratori permettono di contenere una spinta rivendicativa nei paesi del Centro Europa
Gli arretramenti sociali inflitti ai lavoratori greci (ma anche portoghesi, irlandesi, spagnoli, italiani…) mettono sulla difensiva i lavoratori della Germania, dell’Olanda, dell’Austria, della Francia, del Belgio…I loro dirigenti sindacali temono di dovere dare corso a conflitti. Questi sindacalisti si interrogano su come rivendicare aumenti salariali se in un paese come la Grecia, membro dell’Eurozona, il salario minimo legale è stato ridotto del 20% o più.
D’altro canto, si constata con costernazione che alcuni dirigenti sindacali dei paesi nordici (specialmente della Finlandia) considerano che esiste del buono nel Patto di bilancio europeo, chiamato anche Patto per la stabilità, il coordinamento e la governabilità (TSCG), e nelle politiche di austerità, in quanto deputate a rafforzare la sana gestione del bilancio degli Stati.
[N.d.tr.: Il TSCG, oltre ad instaurare definitivamente una politica di austerità, mina l’indipendenza degli Stati, che non potranno più decidere in modo sovrano del proprio bilancio nazionale. E in Italia questo fiscal compact è stato inserito perfino in Costituzione, …per essere sicuri della sua applicazione nel presente e per il futuro, condizionando in perpetuo l’azione economica dei prossimi governi]

Ancora sull’Accordo di Londra del 1953 relativo al debito tedesco e il piano Marshall
Come indicato nell’articolo “Grecia-Germania : chi deve a chi? (parte prima) La cancellazione del debito tedesco a Londra nel 1953”, i termini dell’Accordo firmato a Londra contrastano radicalmente con i metodi con i quali attualmente viene trattata la Grecia. Venivano assemblate molteplici condizioni per consentire alla Germania Occidentale di svilupparsi rapidamente, permettendo la ricostruzione del suo apparato industriale.
Non solamente il debito contratto dalla Germania nel periodo compreso fra le due guerre mondiali veniva ridotto del 60%, ma sia il regolamento dei debiti di guerra sia il pagamento delle riparazioni alle vittime civili e agli Stati venivano rimandati a data da destinarsi: di fatto, alla riunificazione tedesca intervenuta nel 1990 e al Trattato di pace sottoscritto a Mosca nel medesimo anno fra le autorità delle due Germanie in corso di unificazione, gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica, la Gran Bretagna e la Francia.
Dunque, il fardello delle riparazioni sull’economia tedesca è stato differito per un bel tratto di tempo. E nel caso delle riparazioni dovute alla Grecia, queste hanno impegnato ben poco la Germania, visto che le autorità tedesche si rifiutano di dare seguito alle richieste della Grecia.
A differenza di quello che era successo alla conclusione della Prima guerra mondiale, dopo la Seconda guerra mondiale le potenze occidentali hanno voluto evitare di far pesare sulla Germania il gravame di rimborsi insostenibili, in quanto hanno considerato che comunque erano state loro a favorire l’accesso al potere del regime nazista. Inoltre, le potenze occidentali volevano una Germania Occidentale economicamente forte (ma disarmata ed occupata militarmente) da contrapporre all’Unione Sovietica e ai suoi alleati. Niente del genere ha concorso in favore della Grecia e degli altri paesi della periferia all’interno dell’Unione europea.
Per conseguire questo obiettivo, non solamente il fardello del debito è stato fortemente alleggerito e aiuti economici sotto forma di doni sono stati concessi alla Germania, ma soprattutto è stato concesso a questa nazione di mettere in atto una politica economica decisamente orientata al suo ridispiegamento nel campo geo-strategico. I grandi gruppi industriali privati hanno potuto consolidarsi, perfino quelli che avevano giocato un ruolo essenziale nell’avventura militare della Prima guerra mondiale, nel sostegno ai Nazisti, nel genocidio dei popoli ebraico, tzigano…, nella spoliazione dei paesi occupati o annessi, nella produzione militare e nello sforzo logistico gigantesco della Seconda guerra mondiale. La Germania ha potuto sviluppare impressionanti infrastrutture pubbliche, ha potuto sostenere le sue industrie in modo da soddisfare la domanda interna e di conquistare i mercati esteri.
Per di più, la Germania è stata autorizzata a rimborsare una gran parte del suo debito nella sua moneta nazionale. Per dare concretezza a tutto questo, è sufficiente riflettere sulla situazione seguita all’Accordo di Londra del 1953. Ad esempio, la Germania rimborsava al Belgio e alla Francia una parte dei suoi debiti contratti fra i due conflitti in “deutsche marks” (marchi tedeschi). Questi “deutsche marks” che non avevano alcun valore negli scambi con il resto del mondo, i Belgi e i Francesi hanno tentato di disfarsene rapidamente acquistando merci e strumentazione di produzione germanica, contribuendo così a rifare della Germania una grande potenza esportatrice.   Per loro parte, la Grecia, il Portogallo, l’Irlanda, la Spagna, l’Estonia, la Slovenia e gli altri paesi periferici dell’Eurozona devono rimborsare i loro debiti pubblici in euro, quando si verifica il loro deficit commerciale nei confronti dei paesi più forti dell’Eurozona. Nello stesso tempo, le potenze che dominano l’Eurozona li obbligano, attraverso la Commissione europea e i Trattati adottati,  a portare avanti politiche che impediscono loro di soddisfare sia la domanda del loro mercato interno che quella delle esportazioni. Quand’anche questi paesi si impegnino ad esportare, sono indotti a ridurre sempre più i salari, fattore che comprime la domanda interna ed accentua la recessione.
Il programma di privatizzazioni dà l’ultimo tocco, quello di portare al degrado il loro apparato industriale, le loro infrastrutture e il loro patrimonio in generale.
Per uscire da questo vicolo cieco, bisogna mettere in opera un insieme di misure economiche e sociali che rompano radicalmente con le politiche condotte fino ad oggi, tanto nel quadro nazionale che a livello europeo. Perciò è necessario realizzare urgentemente un programma che possa contrapporsi alla crisi. (19)
 

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