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22/03/2012

L'Italia ERA una repubblica fondata sul lavoro

Il dibattito sulla riforma dell'art. 18, come ho già avuto modo di scrivere, è un dibattito privo di logica. Il confronto tra governo e parti sociali ha prodotto un risultato, condiviso da tutti tranne la CGIL, che è persino peggiore degli intenti iniziali di Governo e Confindustria.

Nel progetto di accordo, per la cronaca “Restano nulli i licenziamenti discriminatori per tutti i lavoratori, viene previsto solo l'indennizzo (da 15 a 27 mensilità) per i licenziamenti per motivi economici (o ragioni oggettive), mentre per i licenziamenti disciplinari (o ragioni soggettive) la scelta tra l'indennizzo o il reintegro spetterà al giudice.” (tratto dal Sole 24 ore online).
Devo ripetermi e ricordare a tutti che l'Art. 18 non ha mai previsto il reintegro del lavoratore licenziato giustamente dal datore di lavoro, ma quella del lavoratore licenziato ingiustamente.
Se un soggetto ruba in azienda o arriva tutti i giorni con 30 minuti di ritardo, il datore può procedere al licenziamento e l'art. 18 non può farci assolutamente nulla perché non è applicabile a questi casi. Allo stesso modo l'azienda che versi in condizioni di dissesto o che più semplicemente perda una commessa o che desideri ristrutturare un settore produttivo può licenziare legittimamente senza avere alcun tipo di problema dall'art. 18 perché anche in quel caso il licenziamento sarebbe legittimo.
Toccare l'art. 18, dunque, significa dare la possibilità al datore di lavoro di licenziare “ingiustamente” un lavoratore e cioè di licenziarlo senza un reale motivo o per motivi diversi da quelli addotti. Ed in qualunque parte si apra la falla della praticabilità del licenziamento illegittimo, si fa affondare tutta la barca perché è evidente che tutti i licenziamenti da quel momento in poi avranno quella motivazione.
Per capirci, se i licenziamenti discriminatori restano nulli e quelli disciplinari possono essere annullati dal giudice mentre quelli per motivi economici sicuramente non avranno come conseguenza il reintegro ma solo un risarcimento del danno (da 15 a 27 mensilità), è del tutto evidente che da domani i datori di lavoro licenzieranno solo per motivi economici anche quando l'allontanamento del lavoratore sia dovuto, in realtà, ad altre ragioni. Se un mio dipendente ruba in azienda in teoria potrei licenziarlo per motivi disciplinari ma in quel caso dovrei accertare il fatto ed essere sicuro di quello che sto contestando perché nel caso in cui non sia in grado di dimostrare il furto, il Giudice potrebbe reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Per questo non lo licenzierò per motivi disciplinari ma per motivi economici soprattutto perché se dovesse emergere che questi motivi economici in realtà non esistono, comunque il lavoratore non avrebbe diritto al reintegro ma solo ad una somma di denaro.
Pensiamo, poi, al caso molto più inquietante in cui il lavoratore non rubi, non faccia niente di illegittimo ma, semplicemente, sia iscritto ad un sindacato troppo combattivo o, ancora più banalmente, che controlli accuratamente che le lavorazioni siano svolte nel rispetto della salute e della sicurezza dei lavoratori. Anche in quel caso il datore potrebbe “pagare” l'ingiustizia consistente nel licenziamento illegittimo intimando il recesso per motivi economici.
In buona sentenza viene codificato il diritto dei datori di lavoro di commettere un ingiustizia pagando in denaro.
I ministri tecnici di questo governo ed i sindacalisti datoriali (per lavoro o per vocazione) provano da giorni ad attenuare l'idiozia di questa norma sbandierando l'enorme vantaggio che la stessa rappresenterebbe per i lavoratori dipendenti delle aziende sotto i 15 dipendenti ai quali sino ad oggi l'articolo 18 non si applicava e che da domani, nella nuova formulazione, si applicherebbe.
Ebbene sia chiaro che questa estensione del nuovo (e come visto inutile) articolo 18 alle aziende che occupino alle loro dipendenze meno di 15 dipendenti, non rappresenta un miglioramento ma un ulteriore peggioramento del quadro normativo. Pensate alla salumeria “da Dino” che si trova sotto casa vostra e che nonostante la crisi assume alle sue dipendenze un lavoratore o a vostra nonna che assume una badante. Ebbene se il malcapitato titolare della ditta o la vostra ava incorresse nella sventura di intimare in maniera irregolare il licenziamento per motivi economici si potrebbe trovare a dover pagare una somma pari a 27 mensilità esattamente come nel caso in cui tale condotta fosse posta in essere dalla Fiat o dalla Microsoft. Siamo o non siamo alla follia? Senza pensare alla circostanza a dir poco certa per la quale le piccole aziende si guarderanno bene, in futuro, dall'assumere lavoratori a tempo indeterminato per i rischi enormi in cui potrebbero incorrere.
La sensazione è che questa riforma sia stata redatta tirando dei dadi o estraendo delle parole a caso da un sacco.
Tutto questo, si faccia attenzione, in un contesto in cui si è legittimata la contrattazione decentrata come unica in grado di definire i diritti dei lavoratori e la si è legittimata anche nel caso in cui a realizzarla siano sindacati maggiormente rappresentativi non sul piano nazionale ma sul piano locale intendendosi come tale quel territorio in cui si svolge l'attività lavorativa.
E' abbastanza semplice capire come lo sbocco del combinato disposto di tutte queste novità, di questo terremoto che sta devastando il diritto del lavoro, sia la scomparsa del sindacato come lo abbiamo conosciuto e la costruzione di piccoli sindacati territoriali ai quali i lavoratori saranno costretti ad iscriversi sotto la minaccia dei licenziamenti che, a questo punto, sono sempre legittimi anche quando illegittimi e che non potranno che abdicare a quel ruolo di controllo, di difesa, di tutela delle condizioni dei lavoratori.
Per finire, una riflessione sul principio che governa questa riforma. Introducendo il meccanismo secondo il quale con il denaro si può acquisire il diritto di commettere un'ingiustizia, si rivoluziona per sempre ed irreversibilmente un valore fondante della nostra Costituzione e, ancor prima, della nostra civiltà. Si stupra il valore del lavoro, la sua funzione sociale, il suo significato principale, il suo scopo di realizzazione della personalità dell'individuo. Nessuno prima aveva mai osato tanto.
Siamo di fronte ad una svolta epocale, ad una controriforma che archivia per sempre le lotte operaie, i movimenti civili, le regole della convivenza civile che con tanta fatica abbiamo costruito in tanti anni. Forse ancora non riuscite a vederlo ma l'art. 1 della nostra Costituzione ora si può leggere così: “L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro o su una somma che varia da 15 a 27 mensilità”.


Un ottimo articolo (cui mi sono preso la libertà di limare la forma senza intaccare minimamente il suo contenuto) che descrive doviziosamente lo sfascio che prossimamente saremo obbligati a subire per fare contento quel che resta del grande capitale privato italiano.
Fortuna che per tanta gente disinformata quello attuale è il miglior governo degli ultimi 30 anni almeno...

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