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23/03/2012

La caduta di Bo Xilai: non riguarda solo la Cina, tocca anche noi

Prima della mia prolungata ed involontaria assenza, avevo iniziato a parlare di quel che accade in Cina, dei rischi di crack e della tempestosa vigilia del Congresso. La destituzione di Bo Xilai è la conferma del carattere tutt'altro che tranquillo della transizione dall'attuale gruppo dirigente al prossimo ed obbliga a qualche riflessione. I quotidiani del 15 marzo ne hanno dato notizia con un certo rilievo, ma nelle pagine interne (evidentemente la politica interna della Cina non è ancora ritenuta degna della prima pagina) e spesso con notevoli imprecisioni: i singoli personaggi sono spesso "spostati" da una corrente all'altra, le ragioni dello scontro sono spesso fraintese, si immaginano schieramenti ed alleanze molto fantasiose ecc, ma, soprattutto, quello che si legge in una testata è spesso contraddetto da quello che si legge in un'altra. La Cina è ancora un universo difficile da capire. Proviamo a mettere insieme un po' di notizie.

1 - La mappa delle correnti del Partito.

Il primo punto è capire quali siano le componenti del Pc cinese e come siano distribuiti i vari personaggi. Possiamo distinguere tre correnti principali (badando sempre al fatto che si tratta di schieramenti che si modificano nel tempo, anche se hanno una relativa durata):

a- i tuanpai: sono gli ex dirigenti della Lega dei Giovani Comunisti degli anni settanta ed ottanta che attualmente detengono le due principali cariche del partito: Presidenza dello Stato e Segreteria Generale del Partito (Hu Jintao) e Presidenza del Governo (Wen Jabao). Spesso si tratta di militanti che furono epurati durante la Rivoluzione Culturale (che, nella Cina del dopo-Mao, è una sorta di tabù, da evocare come la peggiore catastrofe della storia nazionale). Sono il gruppo di mediazione per eccellenza, spesso ostentano posizioni politicamente "liberal" (in particolare Wen Jabao) ma senza che questo si traduca in atti concreti e sono i massimi custodi del primato del Partito (ad esempio sono difensori delle imprese pubbliche)

b- la nuova cricca di Shanghai: si propongono come i prosecutori più diretti dell'opera di Deng Xiaoping ed il loro periodo d'oro è stato quello della segreteria generale di Jang Zemin (1989-2002). Il loro punto di forza è il controllo delle principali istituzioni economiche pubbliche del paese, a cominciare dalla Popular Bank og China (Pboc, la banca centrale) di cui è governatore Zhou Xiaochuan. Sono il gruppo dirigente che ha gestito la repressione della rivolta democratica di Tien An Men (1989) avviando nel contempo, le riforme liberiste e di integrazione nell'economia mondiale. Godono una immeritata fama di riformismo politico, perchè spesso si confonde (volutamente) fra liberismo economico e liberalismo politico. In realtà, dal punto di vista politico, sono su posizioni molto autoritarie (come ad esempio il Presidente dell'Assemblea Nazionale del Popolo Wu Bangguo assolutamente ostile ad ogni concessione in questo senso) mentre sono favorevoli alla parificazione delle aziende private rispetto a quelle pubbliche (e, qualcuno sospetta, ad una gradata privatizzazione di tutto il sistema d'impresa pubblico). Ovviamente, sono i beniamini degli Usa, anche se, in materia di difesa e politica estera, non sono meno nazionalisti degli altri.

c- i principi rossi (taizi): sono i figli o (più spesso) i nipoti degli eroi della "lunga marcia" (1934) che siedono di diritto nel Comitato centrale e che si apprestano a conquistare la poltrona più importante con Xi Jinping che dovrebbe succedere ad Hu Jintao. Al di là della loro connotazione di casta, non è affatto chiaro quale sia il loro orientamento in materia di politica economica o riforme politiche (tuttavia, non sembrano molto favorevoli a riforme democratiche, tanto del partito quanto dello Stato). A differenza dei due gruppi precedenti, non tutti i principi rossi (anche per ragioni anagrafiche) sono stati colpiti dalle epurazioni della Rivoluzione Culturale, tuttavia, ugualmente esecrata.

Ai margini di queste componenti principali ci sono personaggi dotati di una propria autonomia come Zhou Yongkang (già ministro della Sicurezza nazionale, vicino ai tuanpai, ma più che altro espressione della comunità dell'intelligence cinese nell'Ufficio Politico) anche lui ostile a riforme di segno democratico.

All'esterno del "palazzo", ma dotati di una certa influenza nel partito ci sono molteplici gruppi sbrigativamente definiti "neo maoisti" o "nostalgici" della Rivoluzione culturale. La realtà è ben più complessa. Ad esempio il segretario personale di Mao Zedong, Li Rui, che a rigore dovrebbe essere considerato il super-nostalgico per eccellenza, al contrario è stato il primo a firmare, insieme a Jiang Ping (ex-presidente dell' Università di legge e scienze politiche) un appello contro la censura e per la libertà di pensiero.

Più che altro, si può parlare di una complessa area di sinistra che ospita tanto effettivi "nostalgici" del maoismo, quanto una nuova sinistra che rilancia le istanze di libertà della protesta studentesca di ventitrè anni fa, poi repressa a Tien An Men.
Ci sono anche settori di quadro intermedio del partito che sono venuti allo scoperto in occasione della morte di Zhao Ziyang (il Presidente del Consiglio che cercò di mediare con gli studenti e, per questo venne estromesso) manifestando orientamenti favorevoli ad una riforma democratica del partito, se non anche dello Stato. E tutto è amalgamato da una latente ostilità verso i processi di privatizzazione in atto in Cina (ricordiamo l'opposizione emersa nell'Assemblea Nazionale del Popolo in occasione dell'inserimento in Costituzione del diritto di proprietà privata). Il richiamo al maoismo, spesso, ha una valenza meramente simbolica: il richiamo ad una Cina egualitaria (più immaginaria che reale) poi sovvertita dalle riforme liberiste di Deng Xiaoping. Ma è assai dubbio che dietro questo ci sia una effettiva adesione ideologica al pauperismo maoista o il desiderio di ritornare all'epoca della Rivoluzione culturale.

2 - Bo Xilai

In questo quadro occorre inserire il potente segretario del partito di Chongquing (città di 28 milioni di abitanti) Bo Xilai destituito in questi giorni. Dal punto di vista della sua estrazione Bo Xilai sarebbe un purissimo taizi (principe rosso) essendo il figlio di Boybo, uno degli "otto immortali" della lunga marcia, già vicepremier sotto Chou Enlai. Questo ha fatto pensare ad alcuni che la sua destituzione sia un attacco al gruppo dei taizi e, quindi a Xi Jinping prima del suo insediamento. Analisi completamente sbagliata: in ottobre, durante una cena di taizi cui partecipò anche la sorella di Xi Jinping, venne approvato un documento contro chi manifestava nostalgia per i metodi della Rivoluzione culturale: il segnale dell'attacco a Bo Xilai cui si attribuivano quelle nostalgie.

In realtà, Bo si è mosso come un battitore libero: dopo essere stato ministro per il commercio estero (ottenendo discreti successi) divenne capo del partito a Chongquing dove promosse una violenta epurazione contro le triadi e la corruzione (furono arrestate oltre 3.000 persone e condannati a morte anche 14 dirigenti del partito locale). Questo procurò una vastissima popolarità a Bo, cui furono dedicate canzoni e poesie, mentre nelle strade della sua città campeggiavano scritte al neon che dicevano "Compagno Bo tu lavori duro" e ci fu anche una incipiente campagna a suo favore come futuro segretario del partito. Ma tutto questo gli conquistò anche eterne inimicizie: nel corso della campagna Bo fece arrestare anche un avvocato degli imputati che era un "principe rosso" come lui, quel che venne visto come un insopportabile affronto e, da quel momento, il gruppo taizi gli è stato costantemente ostile.

Ancor più ostile gli è stato il gruppo di Shangai e non solo perché fra il 2006 ed il 2008 venne ripetutamente colpito per casi di corruzione (una campagna voluta da Hu Jintao per liberarsi dell'influenza del suo predecessore), ma anche perché vicino al loro gruppo è anche Wang Yang (di origine tuanpai), il predecessore di Bo a Chongngquing: la purga di Bo suonava come una indiretta sconfessione per lui che avrebbe consentito l'estendersi della corruzione e della malavita.

Anche il gruppo tuanpai non ha mostrato alcuna simpatia per il "modello Chongquing" inaugurato da Bo: come molti hanno notato, né Wen Jibao né Hu Jintao si sono mai recati in quella città durante il periodo di reggenza di Bo, un chiaro segnale di mancato gradimento.

3 - Bo è maoista?

La propaganda di regime ha presentato Bo come un nostalgico dell'era maoista, che stava preparando una nuova Rivoluzione Culturale. In effetti Bo ha promosso in varie forme la rivalutazione del periodo maoista (cori con canzoni di quel periodo, immagini di Mao, diffusione e lettura del suo libretto rosso ecc.) e del suo "modello Chongquing" fa parte integrante il costante appello alla mobilitazione politica che presenta connotati abbastanza simili a quelli della rivoluzione culturale. Ma le similitudini si fermano qui, mentre ci sono diverse ragioni per sostenere il carattere propagandistico del "maoismo" di Bo.
In primo luogo è assolutamente improbabile che, effettivamente, Bo abbia un giudizio positivo di Mao e della Rivoluzione Culturale, durante la quale tutta la sua famiglia (lui compreso) fu epurata e deportata in campo di rieducazione e la madre morì per le bastonate delle guardie rosse. Inoltre, il padre fu riabilitato da Deng Xiaoping e fu il vice di Chou Enlai - il "meno maoista dei maoisti" -. Non fosse altro che per queste ascendenze familiari, il maoismo di Bo non è del tutto convincente. D'altra parte, si tratterebbe di una svolta ideologica assai recente, dato che prima del suo insediamento a Chongquing non si conoscono sue dichiarazioni in questo senso.

In realtà, la spiegazione più probabile è che Bo, nella sua corsa solitaria verso il potere (abbiamo visto come fosse inviso a tutti e tre i principali gruppi del partito) abbia cercato di costruirsi una sua base di consenso, rivolgendosi direttamente all'opinione pubblica (se ci passate questa espressione) e, da questo punto di vista, ha trovato utile cavalcare la mitologia maoista per assimilare queste correnti di sinistra nel suo "modello Chongquing". Dunque, parlare di "neo maoismo" o di nostalgie per la Rivoluzione Culturale è totalmente fuorviante e rivela notevole superficialità nell'analisi. E questo è ancora più chiaro se si cerca di entrare nel merito delle sue proposte politiche e del suo "modello Chongquing" contrapposto al "modello Wukan" del suo rivale Wang Yang.

4 - Il "modello Chongqing" ed il "modello Guangdong".

La gestione di Bo del partito di Chongquing è andata molto al di là dell'epurazione delle triadi e della corruzione nel partito ed ha generato un vero e proprio modello di gestione politica che ha preso il nome dalla città. In questo modello gli elementi di mobilitazione politica degli strati sociali inferiori, con frequenti ricordi propagandistici ed una buona dose ideologica, sono stati proposti come caratterizzanti, ma lo sono stati solo fino ad un certo punto. Ben più rilevante è stato il tentativo di costruire un abbozzo di welfare, garantendo l'assicurazione sanitaria anche alla popolazione rurale del circondario.

Più in generale, Bo ha sostenuto che è arrivato il momento di dividere il frutto della crescita, riequilibrando la distribuzione della ricchezza. Dunque, il vero cuore del discorso politico di Bo è la scelta di un modello di sviluppo incentrato sullo sviluppo di un mercato interno. Una svolta determinante rispetto agli orientamenti degli ultimi trenta anni che hanno privilegiato le esportazioni sul consumo interno e, di conseguenza, gli investimenti sui consumi.

Complementare a questo orientamento è la diffidenza costantemente manifestata da Bo verso la penetrazione dei capitali stranieri in Cina e verso la crescente integrazione nel sistema finanziario mondiale. Quello che caratterizza in senso spiccatamente nazionalista la linea di Bo.

In contrapposizione a questo modello è sorto il "modello del Guangdong", regione a ridosso di Shanghai, del cui partito è segretario il diretto rivale di Bo, Wang Yang. La diatriba fra i due è stata spiegata in questi termini: dove Bo pensa a come dividere la torta, Wang pensa a come farla più grande, in modo da poterne garantire una apprezzabile fetta a tutti. Dunque, l'orientamento del modello Guangdong (il cd "socialismo di mercato cinese") è quello di riforme sempre più accentuatamente liberiste (viste come sicura garanzia di espansione economica), serrato ritmo di esportazioni ed investimenti e crescenti impieghi finanziari dei profitti. Sino a quando la torta non sarà abbastanza grande da essere divisa (quando? Non si capisce). Sullo sfondo, emergono le due questioni chiave del futuro delle imprese pubbliche e della distribuzione delle terre.

Proprio sulla seconda questione, Wang ha dovuto affrontare una forte rivolta contadina nel piccolo centro di Wukan, dove i manifestanti hanno accusato i dirigenti del partito di "furto di terreni agricoli". Inizialmente la rivolta ha incontrato la consueta risposta repressiva ed uno dei suoi leader è morto mentre era detenuto (infarto miocardico, secondo la spiegazione ufficiale). Ma, dopo l'intensificarsi della protesta, Wang ha scelto un'altra strada: promettere di accogliere le richieste e consentire, nello stesso tempo, nuove elezioni locali caratterizzate da una insolita libertà. Ne sono risultati eletti i leaders della protesta e segretario del locale comitato è stato eletto Lin Zulkuan, un imprenditore iscritto al partito dal 1965.

Tutto questo ha fatto parlare di una "svolta epocale", dell'avvio di riforme politiche democratiche di cui Wang sarebbe il portabandiera, di "modello Wukan" che aprirà la strada alla democratizzazione del sistema. La mossa di Wang è stata assai abile, ma di qui a parlare di riforme politiche democratiche ne corre:

a- si tratta di elezioni locali (neppure a livello provinciale) di un piccolo centro di circa 10.000 elettori

b- si tratta pur sempre di elezioni di partito, non si parla affatto di pluralismo politico

c-  in Cina esiste un modo di dire "Fare i conti dopo il raccolto" per indicare la prassi costante delle autorità di fare concessioni per placare le proteste e poi, una volta calmatesi le cose, procedere alla repressione.

5 - Il nodo del contendere, e che c'entriamo noi?

Sappiamo ancora troppo poco delle circostanze che hanno portato alla defenestrazione di Bo: si sa che tutto è iniziato con l'improbabile fuga di Wang Lijun (capo della polizia di Chongquing e braccio destro di Bo nella campagna contro la corruzione) e con la sua richiesta di asilo presso il consolato americano. Dopo Wang Lijun fu preso in consegna dalla polizia fedele a Hu Jintao e sottoposto ad interrogatorio durante il quale avrebbe fatto accuse a Bo, anzi, è circolata una lettera nella quale Wang (sempre che non si tratti di un falso) accusa Bo di aver usato la lotta alla corruzione per eliminare i suoi avversari politici ed a fini di arricchimento personale, per estorcere, tramite detenzione, minacce ed addirittura torture, beni che avrebbe accumulato. Ovviamente ignoriamo quale sia il fondamento di queste accuse ma, pur non volendo idealizzare Bo Xilai, ci ricordano troppo da vicino la consueta prassi di distruzione dell'immagine del dissidente.

Tirando le somme, la defenestrazione di Bo appare come l'operazione concordata da tutte e tre le principali correnti del partito per disfarsi dell'ingombrante "lupo solitario" che cercava di imporre la sua presenza nell'Ufficio politico. Al di là di queste consuete dinamiche di scontro di potere, si intravede un nodo del contendere che è quello del modello di sviluppo che la Cina vuole darsi per i prossimi trenta anni: proseguire nel modello rivolto alle esportazione e all'accumulazione di crediti o puntare, già da ora, alla crescita di un mercato interno che dia stabilità al sistema. Bo è caduto su questo e tutto fa supporre che il posto in Ufficio politico sarà preso da Wang, che vuole "ingrandire la torta" non si capisce sino a quando, cioè punta sempre su esportazioni e finanza. Ma non è detto che le cose debbano andare necessariamente in questo modo: al di là dello scontro di potere, la questione potrebbe essere riproposta dal gruppo tuanpai, in particolare da Li Kequiang ed il gruppo dirigente potrebbe nuovamente dividersi. Peraltro è da capire con chi si schiererà Wang se dovesse entrare nell'ufficio politico. La provenienza lo vorrebbe a fianco dei tuanpai, ma i discorsi politici sembrano più prossimi al gruppo di Shanghai, d'altra parte, è il segretario del partito di quell'area.

Ma noi cosa c'entriamo con tutto questo? Molto.
Certo noi possiamo fare poco e nulla per influenzare lo scontro congressuale nel Pcc, ma gli esiti di quello scontro influiranno pesantemente sul percorso della crisi, per cui occorrerà tenerne conto.

In primo luogo, se la linea confermerà il rilancio delle esportazioni questo significa che la posizione cinese sul renminbi resterà invariata, con un cambio molto basso che favorisce le esportazioni cinesi e sfavorisce le importazioni. Vice versa, se, come oggi sembra poco probabile, dovesse affermarsi la linea dello sviluppo interno, questo potrebbe favorire una diversa sistemazione dei cambi.

In secondo luogo, il cambio di mano avviene nel momento in cui si sta profilando una recessione non passeggera (già quest'anno si calcola che l'incremento del Pil scenderà sotto l'8%, per la prima volta in trenta anni). Forse i dati sono ancora meno favorevoli e tenuti nel cassetto sino al congresso, per poi esplodere nel prossimo anno. Se così dovesse essere, questo avrebbe effetti molto pensanti sulla domanda aggregata mondiale: ad esempio sarebbero pasticci molto seri per l'industria mineraria australiana, così come potrebbero esserci perturbazioni molto forti del prezzo del rame con effetti negativi sui paesi produttori. E dunque non è affatto indifferente capire che scelte farà il nuovo gruppo dirigente (e che compattezza esso avrà) di fronte ad una congiuntura sfavorevole di questa portata.

C'è poi un problema nel problema: dobbiamo ancora spiegarci le ragioni reali che hanno portato la Cina al blocco delle terre rare e capire come questo potrebbe evolvere con i diversi assetti del gruppo dirigente. E non è una questione da poco perché tutto fa intendere che l'industria elettronica occidentale (come la produzione di auto elettriche, radar ecc) stia andando avanti dando fondo alle scorte o ricorrendo al mercato nero. In entrambi i casi, se la situazione non si sblocca, l'avvenire del settore si fa molto fosco.

C'è poi un altro aspetto da considerare: Bo, in qualche modo, si era proposto come canale di trasmissione della domanda politica dei settori di sinistra del partito (o a sinistra del partito) che oggi restano senza referente, ma non è detto che scompaiano. Una ipotesi da prendere in considerazione è quella di una ondata senza precedenti (dalla rivoluzione culturale in poi) della conflittualità sociale. E questo farebbe saltare tutti i calcoli sia del gruppo dirigente cinese che di quanti fuori della Cina ne aspettano le evoluzioni.

Forse dovremmo imparare a collocare anche i nostri problemi di piccola Italia in un contesto mondiale più vasto e capite che, se l'avvenire di Monti può essere in qualche modo determinato dalle nostre scelte e quello di Bo Xilai no, è però vero che un incidente come quello successo a Bo Xilai conta enormemente di più di tutti i decreti di Monti.

Fonti: 1 - 2

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