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26/02/2012

Equitalia e l'ergastolo finanziario

Una telefonata della tua banca per conto di Equitalia e sei condannato all'ergastolo finanziario senza processo.

"Mi ci è voluto qualche giorno per riacquistare la necessaria lucidità ad esporre in modo comprensibile la condizione kafkiana nella quale sono stato catapultato. Spero di aver recuperato a sufficienza le facoltà mentali e di conseguenza riuscire ad essere esplicito, nei limiti del possibile sintetico e comprensibile.
La scorsa settimana ricevo una telefonata dalla banca dove ho il mio conto corrente, quello su cui mi viene accreditato lo stipendio e attraverso il quale pago le utenze della casa che ho in affitto e dove vivo; la signorina mi comunica che un decreto ingiuntivo arrivato da Equitalia impone alla banca il sequestro del mio conto corrente e di tutti i versamenti che su di esso dovessero arrivare in futuro. Ovviamente mi viene detto che anche l'utilizzo del bancomat è abrogato e che non verrà saldato il conto della carta di credito ad esso correlata. In buona sostanza non ho più i soldi per comprare nemmeno un pezzo di pane raffermo e finirò nella centrale rischi degli insolventi, cosa che per me non ha precedenti. Tutto questo senza che io abbia ricevuto nessun altra comunicazione che la telefonata della banca."

Condannato a pagare 695.000 euro di spese di giustizia
Ho iniziato una trafila che mi ha mostrato quanta sommersa disperazione le barbare pratiche di Equitalia stanno provocando nelle persone più deboli ed esposte e non a solo loro. Il 28 dicembre avevo ricevuto un avviso da Equitalia che mi ritiene debitore nei confronti dello Stato, per spese di giustizia, di 695.000 euro, l'ente creditore è la Corte d'Appello di Brescia e l'ufficio di Equitalia quello di Cremona. La cifra è già di per se inconcepibile, se si considera il reddito di un lavoratore medio e che normalmente viene concessa in questi casi la remissione del debito, poiché non si tratta ti tributi evasi, e di conseguenza l'articolo 72 della legge che permette di lasciare una persona senza nemmeno i soldi per comprare un bicchier d'acqua, oltre ad essere immorale ed incivile, non potrebbe essere stata applicata.
Mi reco immediatamente in Tribunale a Brescia, dove il mio legale aveva depositato l'8 febbraio, un'istanza di remissione del debito sulla quale il magistrato di sorveglianza non si è ancora pronunciato ed il cui accoglimento avrebbe dovuto quanto meno sospendere l'esecuzione del provvedimento. L'astronomica cifra che mi viene chiesta era in solido a tutti gli imputati di un procedimento risalente al 2001, ma mentre agli altri imputati è stata concessa la remissione del debito. Il magistrato mi comunica che la mia istanza è inammissibile a causa di un rapporto disciplinare. L' ammontare, a seguito di un incasso di 250.000 euro era diventato di 488.000, ma gli interessi che Equitalia ha calcolato hanno riportato la cifra quasi all'importo originario e interamente addebitata a mio carico. Si tratta sostanzialmente di un ergastolo finanziario.
L'istanza che il mio legale aveva presentato in Tribunale era corredata da una serie di documenti che certificano il mio impegno ed il successo nel reinserirmi in un contesto civile, senza gravare sui servizi sociali e quant'altro, dopo aver (credevo) pagato i miei debiti con la giustizia a seguito di una vicenda di contrabbando risalente appunto al 2001, i documenti comprendevano i miei contratti di lavoro, i miei Cud degli ultimi cinque anni, il mio contratto d'affitto, la dichiarazione della madre di mio figlio che avevo sempre contribuito al mantenimento dello stesso ed alla sua educazione etc...


Socialmente annullato
In questi anni ho fatto una discreta carriera in ambito professionale e le aziende per cui lavoro mi stimano, ma non possono farsi carico di problemi personali che non sarebbero di loro competenza, i miei colleghi di lavoro ed i miei amici mi hanno dimostrato solidarietà ed affetto offrendomi aiuto concreto, mio padre e tutti i miei famigliari lo han fatto per primi. Poiché io non ho ancora ricevuto comunicazioni ufficiali del provvedimento, avrei potuto firmare un assegno che sarebbe risultato scoperto al momento dell'incasso, aggravando ulteriormente la mia situazione. Se mi fossi trovato, come spesso è successo in questi anni per ragioni professionali, in trasferta in altra città ed avessi dovuto saldare un conto d'albergo, mettere gasolio nella macchina pagare l'autostrada, non sarei stato in condizione di poterlo fare. Senza carta di credito non posso noleggiare una macchina, se mi servisse per ragioni professionali, questo potrebbe sarebbe deleterio per il mio lavoro di account, cosi come pure il dover chiedere alle aziende per cui lavoro di pagarmi in contanti, cosa che per altro adesso è vietata per legge, ed i motivi sono fin troppo chiari, altrimenti come potrebbero in qualunque momento avere il potere di annullarci socialmente?
Mi sono recato in banca, ed il vicedirettore mi ha spiegato che non è il primo caso a cui assistono, anzi, pare che la pratica di mettere le persone in condizioni di totale indigenza sia piuttosto comune e che se la banca non collabora, bloccando immediatamente tutto quanto è nelle sue disponibilità è anch'essa sanzionabile. La cosa mi è stata confermata da una mia conoscente avvocato che lavora all'ufficio legale di un altra banca. Mi reco allora in Equitalia con una copia dell'istanza timbrata dal Tribunale per cercare una qualunque forma di mediazione, poiché pensavo che si potesse raggiungere un accordo, credevo di dovermi mio malgrado rassegnare a cedere 1/5 delle mie entrate per tutta la vita a queste moderne sanguisughe con metodi da mafiosi. Nei loro uffici ho assistito a scene indegne di un paese civile: ho visto persone anziane e disperate ridotte sul lastrico, senza la più pallida idea di ciò che potevano fare e completamente private dei loro diritti, uomini che mendicavano una rateizzazione, donne senza ceffi da criminali che si lasciavano sfuggire, quasi vergognandosi “Fanno bene a mettervi le bombe” ed ho visto rispondere impiegati gentili e perfettamente istruiti ad interpretare il ruolo del muro di gomma. In buona sostanza pare che non vi sia via d'uscita e ciò che percepisco è la perdita di ogni diritto, compreso quello di vivere nel paese dove son nato, dove mio figlio sta crescendo e dove sono seppelliti i miei morti. Non ho denaro per andarmene e le conseguenze dello stato di completa indigenza in cui da un giorno all'altro mi hanno messo, senza che nessuno ne sia apparentemente il diretto responsabile e senza che nessuno abbia autorità ad intervenire in un contesto demente con un minimo di buon senso, non ho idea di quali potranno essere. La sola cosa che mi tiene in piedi e mi permette di mangiare è la rete di solidarietà umana nata spontaneamente intorno a me, non senza che il mio orgoglio commosso ne risenta e lo manifesti in forma psicosomatica . Il mio rendimento professionale è sostanzialmente e credo comprensibilmente azzerato. Il tempo fisico e mentale che la vicenda sta sottraendo alla mia attività è ciò che non permette di esserci per raccogliere le opportunità e rischia di segnarne la fine. Ovviamente la mia relazione sentimentale è stata stroncata da una situazione economicamente e umanamente poco sostenibile, ma questi sono aspetti che non rientrano in nessun disegno di legge ed in nessuna giurisdizione. Intanto i giorni passano e nessuno dei tanti uffici da me interpellati attraverso le loro mail reperibili in rete in un ottica di semplificazione e trasparenza attraverso la telematica, che dovrebbe renderli accessibili e disponibili, mi ha risposto, ma in compenso ricevo molte mail da sedicenti agenzie per ripianamenti del debito (che siano in contatto con Equitalia?). Il mio avvocato, che tra l'altro non pago perché non posso permettermelo, sostiene che non vi siano azioni concrete che si possano compiere, oltre a quelle già messe in atto. Il limbo nel quale sono sospeso e totalmente dipendente dal buon cuore e dall'altrui affetto non permette uno svolgimento ottimale della mia professione, che come dicevo ha un rendimento pessimo. Non mi pare che vi sia un informazione risaltante su tutto questo che credo non capiti soltanto a me, per questo ho cercato di esporre in questa mia un paradosso nel quale vorrei sapere se, anche con declinazioni differenti, vi siano altri che si riconoscono. Non ho intenzione di suicidarmi lasciano un cartello con scritto “Adesso pignorate questo” e nemmeno di mettere bombe a Equitalia, ma non voglio diventare un parassita per la stessa società che pare volermi espellere per presunte colpe delle quali non è riuscita a convincermi. La sola cosa che posso fare è scrivere e condividere questa lettera e sperare che arrivi alle orecchie del Gabibbo o delle Iene o di Beppe Grillo, non senza pensare che se la difesa, o presunta tale, dei diritti civili la fanno solo giullari o comici, forse c'è una concreta speranza che il sistema imploda per osmosi ed io torni a poter respirare. Maurizio Gazzoni
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