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25/02/2012

"Amici della Siria" vogliono missione ONU

Gli “Amici della Siria” si sono incontrati ieri (24 febbraio) nella capitale tunisina. Rappresentanti di 60 nazioni – con a capo Stati Uniti, Europa e Paesi del Golfo – hanno discusso con alcuni gruppi dell’opposizione siriana il piano d’azione per risolvere la crisi: la ricetta sarebbe un accordo di tregua immediato e l’invio di una missione “di pace” ONU.  In caso il regime di Al Assad si mostri riluttante, ci si tiene aperta l’opzione di armare ulteriormente gli insorti ed applicare nuove sanzioni che isolino Damasco. Per l’Arabia Saudita non è abbastanza, e il ministro degli esteri abbandona l’aula. Ma sembra i conti siano stati fatti senza l’oste: il secondo fronte di opposizione siriano rifiuta di partecipare alla conferenza perchè “dannosa”, ed i membri permanenti ONU Cina e Russia fanno altrettanto, contrari ad un intervento militare occidentale.
La Francia ha comunicato che l’Unione Europea congelerá i fondi della banca nazionale siriana sotto giurisdizione europea lunedì prossimo, e il Segretario di Stato americano Hillary Clinton ha assicurato che verrá dato un giro di vite anche alle sanzioni da parte di Washington. Ma i toni vanno oltre: “Gli Stati Uniti e i suoi alleati sono pronti ad usare qualsiasi mezzo necessario per porre fine allo spargimento di sangue” per mano del regime di Bashar al-Assad, ha dichiarato ieri il presidente americano Obama all’agenzia AFP. Il senatore John McCain gli fa eco chiedendo di armare i ribelli. E il Clinton si lascia andare ad un dipinto manicheo, attaccando ancora una volta i grandi assenti alla conferenza Cina e Russia: il loro veto all risoluzione ONU per un intervento militare il 4 febbraio scorso sarebbe stato “doloroso”, mentre “donne, uomini, giovani coraggiosi vengono massacrati”. Pechino e Mosca evidentemente non starebbero dalla parte del popolo siriano.
Un popolo siriano che però non è affatto unito nel supporto ad un intervento esterno. Il Coordinamento Siriano per il Cambiamento Democratico (CSCD) di Haytham Manna, polo di opposizione a cui fanno capo diversi partiti di sinistra e curdi, fa sapere che all’ultimo momento ha deciso di non accogliere l’invito alla conferenza di ieri, perchè non tutti i gruppi di opposizione avrebbero ricevuto pari riconoscimento come legittimi rappresentanti del popolo. Il CSCD avrebbe inoltre assistito a “tentativi di lasciare aperta la finestra militare, sia in relazione alla militarizzazione dell’opposizione che per l’intervento straniero” – si legge oggi in una dichiarazione ufficiale – “Tutto questo è in diretto conflitto con gli interessi del popolo siriano, i suoi confini, la sua unità e la sua lotta per la dignità, la democrazia e la giustizia – che è l’essenza della rivoluzione siriana”.
Di altro avviso il Consiglio Nazionale Siriano di Burhan Ghalioun, che appoggia la proposta dell’Arabia Saudita di fornire armamenti e munizioni agli insorti ed in particolare al Libero Esercito Siriano basato in Turchia, e si auspica “ogni tipo di assistenza e aiuto per proteggere i nostri fratelli e sorelle in lotta per mettere fine alla tirannia” – l’agenzia Associated Press riporta Ghalioun da Tunisi. Il Consiglio starebbe lavorando per una Siria che rispetti i diritti di tutti,  libera “dal dominio di una famiglia mafiosa”.
Un obiettivo che anche per altri gruppi di opposizione come l’organizzazione “Costruire lo Stato Siriano”, intervistato a Damasco dall’agenzia AFP, si può raggiungere solo con un governo di transizione che includa esponenti del governo attuale, perchè i gruppi di opposizione sarebbe frammentati e incapaci di guidare un processo di transizione. Come il Coordinamento di Manna, il movimento liberale è contrario ad un intervento militare estero, timoroso che alcuni gruppi si schiererebbero con le forze internazionali ed altri contro. Uno scenario che assomiglierebbe molto ad una guerra civile.
Non per niente, dalle Nazioni Unite c´è cautela, e la raccomandazione al dialogo tra regime e opposizione arriva anche da parte dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell ONU. Il report commissionato dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite pubblicato due giorni fa intanto documenta i soprusi del regime di Assad, ma sottolinea anche gli abusi perpetrati da gruppi di ribelli armati, composti soprattutto da disertori dell’Esercito siriano. Secondo fonti citate dall’agenzia Reuters, il contrabbando di armi leggere e strumenti militari per via di formazioni operanti alle frontiere siriane e supportate dell’estero, sarebbe fiorente. Ora ci si starebbe attrezzando per fornire i ribelli dell’Esercito Libero di missili anti-aerei e anti-carro.
Secondo dati dell’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, le vittime di 11 mesi di rivolte sarebbero già 7 600. Il governo di Assad da parte sua denuncia più di 2 000 morti tra le sue file.
Questo il punto fermo della Russia, storico alleato della Siria opposto alle interferenze occidentali: la violenza deve finire da entrambe le parti, e un cessate il fuoco di due ore al giorno deve essere raggiunto quanto prima per permettere l’evacuazione di civili feriti. L’agenzia di stato siriana SANA cita oggi il giornalista cinese Yan Chai Jing, che avrebbe confermato la ferma opposizione di Pechino ad un intervento, ritenendo l’incontro degli “Amici della Siria” illegale, tanto quanto le decisioni prese in suo seno. E per bocca del russo Vyatcheslav Aldonysov, membro dell’Accademia di Geopolitica, l’agenzia SANA ribadisce l’alleanza Damasco-Mosca: l’Occidente è accusato di strumentalizzare gli slogan di democrazia e diritti umani come pretesto per minare la Siria.
Domani, la contromossa del regime, che ha chiamato i suoi cittadini a votare per referendum la nuova costituzione. Pluralismo partitico con quattro nuovi partiti legalizzati e altri cinque in via di legalizzazione, cancellazione della legge di emergenza in vigore dal 1963, elezioni presidenziali e locali per imboccare un cammino di riforme, che – pur dovendo ancora dimostrare la sua credibilità – appare un’alternativa migliore alla ripetizione dello scenario libico in Siria.

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