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22/01/2012

Movimento dei Forconi, intervista a Martino Morsello

La Sicilia è bloccata. Ma chi sta protestando?
"La gente è tutta per strada, la cosa importante è che le famiglie arrivano spontaneamente, soprattutto le donne. Vogliono tutti quanti che questa classe politica che ci ha portato alla distruzione se ne vada a casa. Vogliamo un nuovo Risorgimento siciliano e cambiare le regole del gioco, perché queste regole sono a favore sempre e solo dei soliti che, sfruttando l'economia siciliana, assicurano alla Casta la perenne rielezione".
 
Il numero uno di Confindustria della Sicilia Ivan Lo Bello ha detto che nei blocchi stradali ci sono "infiltrazioni mafiose". E' vero?
"Sull'argomento ho cominciato uno sciopero della fame per porre l'attenzione delle istituzioni su queste dichiarazioni. Io sono stato vittima degli usurai, altro che mafioso. Io sono molto interessato a quello che dice Lo Bello, ma deve fare i nomi. E subito. Non è che possiamo aspettare 30 anni prima che si facciano i nomi. Che si guardino ai rapporti tra mafia e politica piuttosto..."
 
Quando è nato il Movimento dei Forconi?
"E' una iniziativa che affonda le sue radici in una protesta che va avanti da almeno dieci anni e che la classe politica ha sempre cercato di zittire. Sei mesi fa questa esperienza è confluita nel movimento dei Forconi."
 
Come riuscite a unire i vari protagonisti della protesta?
"Facendo le manifestazioni della città, attraverso il telefono e internet. Ma c'è gente che si muove autonomamente, non solo in Sicilia ma anche in Italia. Anzi, direi in tutta Europa e nel mondo. Siamo come il popolo che si è ribellato nei paesi arabi. Bisogna cambiare gli equilibri, è in atto una rivoluzione. O questo succede pacificamente, cosa in cui credo poco, oppure lo si fa con una guerra. Basta, ci siamo stufati di stare in balìa dei poteri finanziari di dieci illuminati che decidono la sorte della gente. In Sicilia ci sentiamo sfruttati da un apparato che si nutre delle risorse della regione senza lasciare niente ai cittadini".
 
Siete disposti ad arrivare una guerra per vedere riconosciute le vostre richieste?
"Non dipende da noi, dipende dalla gente che ci incita ad andare avanti per cambiare le cose. Prima di tutto cambiare la classe politica. Quando si lotta per un tozzo di pane o la rivoluzione la fa il popolo democraticamente, oppure sono chiamate anche le forze dell'ordine a intervenire anche con la forza".
 
Vi sentite ascoltati dal governo e dalle istituzioni?
"Ieri ci ha convocati Lombardo ma ha detto che la regione non può fare niente, che le cose devono farle a Roma. Noi ci possiamo pure andare a Roma, ma è tempo perso. Qui in Sicilia stanno solo prendendo tempo perché hanno paura di perdere il potere".
 
Quali sono le vostre richieste?
"Sono molto chiare. Siamo un'isola e abbiamo un sacco di spese, ma non possono ricadere su di noi dei costi di produzione così alti. Il costo della benzina è troppo alto, più alto in Sicilia che nel resto d'Italia. Perché? Ma per defiscalizzare la benzina dobbiamo togliere i soldi alla Casta e metterli a sostegno dell'economia. Invece sono sempre gli stessi che rimangono là e fanno un enorme spreco di denaro pubblico. I contributi europei, da 30 anni a questa parte, vanno tutti in fumo. C'è corruzione nell'intervento pubblico e tutte le aziende sono in condizioni fallimentari. Poi magari dopo 10 anni si scopre che i soldi sono finiti in tasca a un politico o a un mafioso. E i funzionari pubblici intanto si portano a casa 10mila euro al mese. La grande burocrazia ci sta uccidendo. Noi non accusiamo nessuno, questo è un problema storico. Però o si dà una svolta a questa situazione oppure prima o poi verranno usati i metodi forti".
 
Da anni la Padania chiede la scissione. La Sicilia potrebbe chiedere l'indipendenza?
"Lo spero, io sono per la Repubblica Siciliana. Storicamente siamo indipendenti, combattevamo contro i romani alleandoci con i cartaginesi. La nostra svolta democratica deve essere esportata in tutta Italia e in tutto il mondo".
 
Ma è vero che in Sicilia manca il cibo e potrebbe scoppiare una crisi alimentare?
"Assolutamente no. In Sicilia non siamo morti di fame. Siamo abituati a sopravvivere con i nostri prodotti e così i siciliani stanno facendo in questi giorni".
 
Fino a quando andrà avanti la protesta?
"Fino a quando ce ne sarà bisogna. Ogni ora mi arrivano tanti messaggi di madri di famiglia che ci spingono ad andare avanti. E poi siamo un movimento spontaneo. Finché la gente resta nelle strade si andrà avanti. Poi vedremo con quali forme".

Fonte.

Il silenzio mediatico in cui sono avvolte le proteste siciliane è chiaro metro di quanto i disordini nell'isola vengano vissuti con deflagrante preoccupazione dalla politica, valeva quindi la pena spendere ancora un po' di spazio nel tentativo di comprendere meglio un movimento tanto dirompente quanto disordinato e strumentalizzabile.

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