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18/12/2011

Crisi ambientale questa sconosciuta

«Mai tante crisi tutte insieme: clima, ambiente, energia, risorse naturali, cibo, rifiuti, economia. Eppure la minaccia della catastrofe non fa paura a nessuno. Come fare? Ci vuole una nuova intelligenza collettiva». Cioè, il cambiamento deve partire da noi tutti, dalle scelte che facciamo tutti i giorni e dal voto che esprimiamo, che deve essere dato a chi indica chiaramente nel proprio programma politico idee e progetti "a misura di pianeta".

Parola di Luca Mercalli, il noto meteorologo ospite fisso di "Che tempo che fa", la trasmissione di Fabio Fazio. Mercalli, che prima di essere un "volto televisivo" è uno studioso e presiede la Società meterologica italiana (nonché direttore della rivista "Nimbus"), di recente ha pubblicato un libro insolito, per un ricercatore. Fin dal titolo: "Prepariamoci" (edito da Chiarelettere).

- "Prepariamoci" a che cosa, dottor Mercalli?

«Lo dico nel sottotitolo: "...a vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza... e forse più felicità". Mi sono deciso a scriverlo per un motivo molto semplice: salvare il pianeta non è un optional. Noi ci viviamo dentro. Perciò le questioni che descrivo nella prima parte del libro, nella seconda racconto come le ho applicate nella mia vita».

- Dottor Mercalli, si iscrive nel partito dei "catastrofisti"?

«Decisamente no. Rifiuto questa etichetta. Mi reputo razionale e mi baso su dati scientifici. Nella prima parte del libro presento il frutto di alcune mie attività di ricerca. Nella seconda mostro come ho applicato nella mia vita le soluzioni possibili, anche per far vedere che non occorre girare scalzi e vivere da eremiti per dare un proprio contributo alla riduzione dei consumi energetici e all'inquinamento. Uso anch'io il cellulare, ho il computer e viaggio molto. Ma, come ho scritto nel libro, cerco di tenere il cervello sempre acceso e le luci solo quando servono».

- Lo stato di salute del pianeta che descrive, tuttavia, dà l'idea che siamo sull'orlo del baratro...

«In effetti, è così. I problemi che elenco sono tutti reali e verificati. Il fatto stupefacente è che la politica, che deve prendere decisioni e fare scelte per il nostro futuro, continua a operare come se l'emergenza non esistesse o fosse l'invenzione di qualche burlone».

- Perché, secondo lei, il mondo politico è così poco attento e distratto?

«È difficile dare una spiegazione logica. Forse dipende dalla natura stessa dei regimi democratici, nei quali l'uomo politico medio non è altro che l'espressione dell'uomo medio di quel Paese. La strada da percorrere è diversa: abbiamo bisogno di intelligenza collettiva. Basta dibattiti fra politici poco informati o in conflitto d'interessi. Se aspettiamo loro sarà troppo tardi, se facciamo da soli non sarà sufficiente, se progettiamo e lavoriamo insieme forse si può davvero cambiare».

- Incominciando dalle scelte personali e familiari...

«Sì. Scelte che ho messo in atto per una ragione etica: le ho fatte perché ho il dovere, come tutti, di farle. Inoltre, sono un personaggio pubblico: mi sembra giusto spiegare che le soluzioni che suggerisco le ho innanzitutto messe in pratica per me stesso».

- Qualche esempio?

«Sono tante le cose che si possono fare: chiudere il rubinetto mentre ci si lava i denti per non sprecare acqua, coibentare la casa in modo da ridurre la dispersione di calore d'inverno e l'accumulo d'estate, fare una buona raccolta differenziata, installare un impianto fotovoltaico per essere autosufficienti nel riscaldamento e nella produzione di acqua calda (e sapesse che soddisfazione farsi la doccia con l'acqua scaldata dai propri pannelli e senza spendere un centesimo). Ma ho anche eliminato quasi del tutto l'uso dell'automobile, utilizzo massicciamente internet e le tecnologie di comunicazione informatica per non fare viaggi evitabili. E mi sono pure fatto un grande orto che mi fornisce prodotti in tutte le stagioni».

- È sufficiente?

«No. Dedico anche molto tempo all'impegno civile: dobbiamo sapere cosa vogliamo ottenere da chi ci governa per decidere chi votare. Alla fine del libro indico i punti di un programma politico che voterei, se vi fosse un partito che lo proponesse. Ci sono Paesi, specie in Scandinavia e più in generale nel Nord Europa dove si ottengono risultati significativi. Non c'è nessuno che ha la soluzione in mano, ma loro si preparano meglio. I cambiamenti di stile di vita che racconto nel libro in Nord Europa le fanno quasi tutti e sono considerate abbastanza normali. Se dovesse arrivare la vera crisi, loro saranno pronti ad affrontarla. Noi, in Italia, temo proprio di no. E saranno guai».

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