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03/02/2011

Il gemellaggio.

Poco meno di 2 anni fa, si presentava così una delle coppie meglio assortite del panorama internazionale: stessa micca da duri incartapecoriti da un età (83 a 75) coperta con abbondante cerone, identico o quasi strapotere nei rispettivi Paesi, geograficamente uniti dall'acqua del Mediterraneo e storicamente legati da vicende intrecciatesi in più di un'occasione.
Di recente il nome del quasi monarca egiziano era riecheggiato nelle orecchie italiane perché impropriamente collegato, suo malgrado, ad una procace marocchina, più volte impegnata in estenuanti frequentazioni alla corte di Arcore, ma questi sono argomenti di pertinenza della magistratura, quello che m'interessa sottolineare sta sera è come la politica italiana ed egizia per un giorno sia stata particolarmente affine nella propria operatività.
Egitto: qualche giorni fa avevo lasciato la terra dei faraoni sorprendendomi per la piega che stava imboccando la rivoluzione esplosa il 25 gennaio, e coltivando il desiderio d'assistere alla definitiva cacciata di Mubarak dallo scranno del Cairo.
Lunedì l'opposizione aveva indetto una giornata di mobilitazione nazionale, con l'obiettivo di presentarsi direttamente alla finestra di Mubarak per pretenderne le dimissioni. La manifestazione è stata un indubbio successo con almeno un milione di cittadini egiziani scesi in piazza. La forza dei numeri, tuttavia, ha fuorviato una larga fetta dei media che, anche in virtù del presunto scaricamento di Hosni da parte dell'amministrazione americana, hanno dato per chiusa la partita egiziana. Soltanto nella sera di ieri, invece, s'è capito che i giochi sono ancora aperti e che Mubarak è un vecchio volpone! Per come si è sviluppata la faccenda fino ad ora, il presidente egiziano ha mostrato notevole abilità tattica, proponendosi all'indomani delle proteste quale soggetto "debole" dello scontro, salvo dimostrare che il fronte popolare che lo contesta non è poi tanto compatto (come i media hanno più vole rimarcato descrivendo l'odierna giornata di scontri tra militanti pro e anti Mubarak) come s'è detto negli ultimi giorni, potendo quindi risalire la china degli antagonisti limitando i danni alla promessa di non ricandidarsi alle prossime presidenziali. A dispetto dei manifestanti che lunedì ne invocavano la caduta, Mubarak ha anche incassato il sottile appoggio dell'esercito, che successivamente alla sua promessa, ha esortato la folla a tornare nei ranghi della vita quotidiana, affermando che la piazza ha ottenuto ciò che voleva.
L'invito delle forze armate risuona quanto mai sinistro per le sorti della rivoluzione, perché sa di inciucio tra un despota al tramonto e l'esercito che scandisce gli equilibri della società egizia dal 1952. In quest'ottica, a mio avviso, va contestualizzata la "neutralità" dell'esercito negli scontri tra fazioni (che hanno il sapore di strategia della tensione di nostrana cultura) che sì sono verificati ieri al Cairo, e partendo da questa considerazione sì può azzardare che la repressione violenta di questa rivolta non è un'ipotesi tanto remota, soprattutto quando tra i maggiori sostenitori di Mubarak è rimasto Israele, spaventato dall'ipotesi di un Egitto fuori controllo che funga d'esempio per tutti i dissidenti presenti nelle nazioni arabe "filo-occidentali", con Giordania e Arabia Saudita in testa.
Italia: più volte ho avuto modo d'affermare come la politica italiana e di riflesso l'intero Paese siano impantanati nell'ennesima vicenda giudiziaria in cui s'è infognato Berlusconi, questa volta in maniera più scabrosa del solito, perché si sa, in questa nazione fa più notizia essere sorpreso con due baldracche in letto piuttosto che con un mafioso come faccendiere domestico.
Nelle ultime settimane siamo stati spettatori del consueto canovaccio cui ci ha abituato Berlusconi quando la magistratura lo chiama in causa, gli allarmi alla giustizia politicizzata, alle toghe comuniste (cazzo ci fossero tutti sti comunisti in giro, quasi pagherei per averli!!!), al golpe ai danni del governo del fare, sono stati talmente martellanti da divenire nauseabondi, ma hanno sortito il loro effetto. Il costante innalzamento della tensione, infatti, ha mostrato un Berlusconi al tracollo (pure Gelli lo scarica), con un esecutivo prossimo alla caduta addirittura per mano di Napolitano. L'opposizione sembra cogliere l'occasione del contropiede con D'Alema, la rete decisiva pare ad un soffio ma all'ultimo minuto il cavaliere riconquista la cronaca politica proponendo al PD una larga intesa volta a rilanciare l'economia (evidentemente pure lui non arriva a fine mese, con tutte le mignotte che deve pagare!) che però viene rifiutata da Bersani. L'azione truffaldina è ormai compiuta ed è sufficiente l'ennesimo monito di Napolitano cui Berlusconi prontamente sì accoda, per far recuperare fiato al primo ministro che riesce a dipingersi paladino del rispetto delle istituzioni, che monderà del sudiciume sollevato dalle toghe rosse con un imminente piano di rilancio economico (ce lo sentiamo dire da quasi 30 anni sta cazzata)!
Lascio a voi tratte le conclusioni del gemellaggio da cui ha preso spunto questo sproloquio, non prima d'improvvisarmi bookmaker delle prossime mosse di politica economica: cementificazione a destra e sinistra, con Tremonti intento a masturbarsi sulle proprie qualità di contenitore (di cazzate) del debito pubblico.

E le bestemmie volano!

1 commento:

  1. Questi articoli sono sempre di una puntualità e una lucidità straordinaria, e dovrebbero stare sulle pagine di un quotidiano, e non di un piccolo blog.

    Ma fatemi un grosso favore: cambiate grafica; mi si stanno sfiancando coni,bastoncelli,retine e tutto, a leggere bianco su nero.

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